Galassie satelliti di materia oscura circondano la Via Lattea
Siamo abituati a immaginare la Via Lattea come una spirale che, partendo da un denso nucleo di stelle, orbitante intorno a un massiccio buco nero centrale, dipana i suoi bracci – tra i quali è ospitato il nostro Sole – formando un disco perfetto. Ma da circa ciquant’anni i radiotelescopi hanno permesso di elaborare una ricostruzione ben diversa della nostra galassia: il disco è infatti deformato, come un CD lasciato sopra un termosifone. La deformazione è l’effetto di una perturbazione gravitazionale prodotta dalle galassie satelliti della Via Lattea, come le Nubi di Magellano. Solo che la massa di tutte le galassie-satelliti note non è sufficiente a spiegare la deformazione: per questo, è molto probabile che intorno alla nostra Via Lattea siano presenti numerose piccole altre galassie composte quasi completamente da materia oscura, come tale invisibile ai nostri telescopi.
Aloni oscuri
È noto che la materia oscura circondi le galassie dell’universo. Secondo alcune stime, questa elusiva forma di materia è da cinque a dieci volte maggiore della materia visibile presente in una galassia. La sua distribuzione, tuttavia, è diversa da quella della materia visibile: attorno a una galassia esisterebbe infatti un alone di materia oscura. Mentre la materia visibile occupa infatti un cerchio – il disco galattico –, quella oscura si distribuisce intorno al disco come una sfera. Questi aloni sono responsabili della coesione della galassia: se infatti non ci fosse tutta questa materia oscura a circondare il disco come un guscio, i bracci della spirale si sfalderebbero nel corso della rotazione. Quest’alone sarebbe responsabile della deformità del disco galattico, a causa della distribuzione disomogenea della materia oscura che lo compone.
Allontanandosi sempre più dal denso nucleo della Via Lattea, composto da miliardi di stelle, la materia visibile si dirada sempre di più. A 50.000 anni luce di distanza dal centro, ciò che resta della materia visibile è essenzialmente idrogeno; a questa distanza, il disco non è più in asse con il piano galattico, ma risulta appunto deformato. Una deformazione rispetto al piano che aumenta con la distanza, al punto – spiega Leo Blitz, astrofisico dell’Università di California, Berkeley, presentando le sue scoperte sul numero di dicembre di Le Scienze – che a 75.000 anni luce dal nucleo la distanza tra il disco e il piano galattico è di ben 7500 anni luce.
Il gong delle Nubi di Magellano
Secondo le prime interpretazioni, fatte quando ancora non si sapeva nulla della misteriosa materia oscura, la deformazione poteva esser l’effetto dell’influenza gravitazionale delle Nubi di Magellano, le più importanti tra le piccole galassie che orbitano intorno alla nostra. Poiché le Nubi di Magellano non orbitano intorno al piano galattico, tenderebbero a distorcere il disco della Via lattea. Ma “pesando” la massa delle Nubi, sulla base della sola materia visibile, si scoprì presto che tale massa non era sufficiente a spiegare una tale deformazione. Finché la scoperta della materia oscura non ha aperto un nuovo capitolo della ricerca astrofisica.
Nel 1998 Martin Weinberg dell’Università del Massachusetts, Amherst, propose la teoria del “gong”. Le Nubi di Magellano, passando all’interno dell’alone di materia oscura che circonda la Via Lattea, si comportano come delle barchette in uno stagno: producono cioè una scia nell’acqua o, nel nostro caso, nell’alone di materia oscura. Questa scia produce chiaramente una disomogeneità nella distribuzione di materia oscura nell’alone, una disomogeneità che viene notevolmente amplificata ai margini del disco galattico. È in pratica ciò che succede quando colpiamo un disco con un gong: a risuonare di più sono i margini più sottili del disco. Analogamente, i margini estremi del disco galattico subiscono di più l’influenza gravitazionale prodotta dalle Nubi di Magellano e risultano perciò più deformati: la materia oscura, in altre parole, amplifica notevolmente l’effetto che la massa delle galassie-satelliti produce sull’alone e sul disco galattico.
Galassie satelliti di materia oscura
Secondo Leo Blitz, che ha proseguito negli anni il lavoro di ricerca insieme a Weinberg, la forma del disco della Via Lattea cambierebbe nel corso del tragitto compiuto dalle Nubi nell’alone di materia oscura. La nostra galassia, cioè, cambierebbe forma nel tempo. Ma l’intero quadro teorico è stato scombussolato dalle recenti osservazioni della Sloan Digital Sky Survey, una ricognizione del cielo che ha finora scoperto – dopo aver osservato circa un quarto del cielo visibile– una decina di nuove galassie-satelliti che orbitano intorno alla Via Lattea. Queste galassie sono molto piccole e molto vicine, con una massa mediamente diecimila volte inferiore a quella della Via Lattea. Ospitano un numero molto limitato di stelle, poche migliaia al massimo, nulla in confronto alle decine di miliardi della nostra galassia. Quelle individuate nella nuova ricognizione ospitano addirittura meno di mille stelle! Sono così fioche che per scoprirle non è possibile ricorrere ai normali telescopi, ma a strumenti d’indagine indiretti. La scoperta di queste nuove piccole galassie apre una nuova prospettiva di ricerca. La deformazione del disco della Via Lattea potrebbe essere allora l’effetto dell’influenza gravitazionale non solo delle Nubi di Magellano, ma di centinaia di altre minuscole galassie-satelliti composte addirittura di sola materia oscura.
Queste mini-galassia potrebbero cioè non contenere nemmeno una stella, ma solo materia oscura. In questo modo si potrebbe spiegare perché i primi modelli teorici stabilivano un totale di oltre 500 galassie-satelliti intorno alla Via Lattea e perché invece le osservazioni ne hanno individuate finora così poche, nonostante la Sloan Digital Sky Survey possa svelare galassie nane fino a 150.000 anni luce. Se fossero composte di materia oscura, queste galassie non sarebbero visibili ma avrebbero pur sempre una massa, tale da influenzare significativamente la forma del disco della Via Lattea. Secondo un metodo perfezionato da Leo Blitz e da Sukanya Chakrabarti della Florida Atlantic University, si potrebbe desumere l’esistenza di queste galassie oscure osservando le perturbazioni prodotte alla periferia galattica. Utilizzando questo metodo, i due scienziati hanno scoperto una galassia oscura che si trova a circa 300.000 anni luce di distanza dal centro della Via Lattea. Molte altre, verosimilmente, potrebbero essere un giorno scoperte. Anche se in questo modo verrebbe risolto il mistero della deformazione della Via Lattea, resterebbe ancora un altro mistero da chiarire, sicuramente più importante per gli studiosi: che cos’è la materia oscura?