Epilessia infantile, cinque nuove forme scoperte da ricercatori italiani

I ricercatori italiani del Meyer di Firenze hanno scoperto cinque nuove forme di epilessia infantile grazie ad un lavoro di ricerca durato 5 anni. La scoperta riguardane l’epilessia infantile è solo una delle tante comprese in questo ampio lavoro scientifico che nei prossimi anni rilascerà ulteriori novità, che per adesso sono ancora in fase di elaborazione.
Cinque forme di epilessia infantile. I ricercatori italiani fanno dunque sapere di essere riusciti ad individuare delle cause genetiche dei meccanismi che riguardano alcune forme di epilessia gravi che insorgono proprio durante lo sviluppo del cervello. La scoperta di queste cinque malattie/entità permette di poter diagnosticarle sul piano genetico-molecolare rendendole oggetti di prevenzione tramite consulenza genetica. Gli esperti fanno sapere inoltre di essere riusciti ad identificare nuovi meccanismi alla base di malformazioni cerebrali causate da mutazioni genetiche confinate alle cellule nervose, chiamate mosaici somatici. E non è tutto. Per alcune delle patologie, gli scienziati sono riusciti anche ad delucidare i meccanismi fisiopatologici che le determinano e che possono dunque diventare bersaglio per lo sviluppo di vere e proprie terapie.
Un registro nazionale. La ricerca italiana ha portato inoltre alla generazione di un registro nazionale della malattia per la sindrome di Dravet, la grave encefalopatia epilettica infantile. Questo registro è importantissimo perché permette la raccolta di dati epidemiologici e di evoluzione della malattia che potrebbero essere sfruttati per trial terapeutici specifici.
Cos’è l’epilessia. Quando parliamo di epilessia ci riferiamo ad un disturbo che ha cause molteplici e che si presenta con crisi epilettiche favorita da fattori che aumentano l’eccitabilità delle cellule nervose e ne abbassano la soglia di scarica spontanea. Ma come si verificano? Gli esperti spiegano che possono essere conseguenza di danni cerebrali. L’epilessia ha un’incidenza di poco meno dell’1% della popolazione e più del 50% dei casi si presenta in età pediatrica rischiando di compromettere lo sviluppo cerebrale del bambino in fase di crescita.