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E se il nostro universo fosse una simulazione?

Secondo alcune teorie, sarebbe impossibile dimostrare che il nostro universo non sia semplicemente una simulazione di un supercomputer.
A cura di Roberto Paura
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matrix

Quando, alla fine degli anni ’90, uscì nei cinema il film Matrix, non furono solo gli appassionati di fantascienza a trovare la storia singolarmente affascinante e inquietante. Diversi scienziati si chiesero seriamente se fosse possibile dimostrare in qualche modo che il nostro universo non sia solo una simulazione al computer, come quella in cui si trovava suo malgrado a vivere Thomas Anderson: una simulazione estremamente sofisticata e potente al punto da creare “a tavolino” degli esseri dotati di autocoscienza, ma fatti di bit piuttosto che di atomi. La domanda non era tanto oziosa. Il rapido evolversi della capacità computazionale dei computer garantisce ai fisici oggi la possibilità di creare sofisticate simulazioni di interi universi. Certo non al punto da produrre all’interno di questi programmi per computer forme di vita intelligenti, ma in teoria ciò non sarebbe impossibile.

Matrix… reloaded

nick_bostrom

In un articolo del 2003 pubblicato sul prestigioso Philosophical Quarterly, il filosofo di Oxford Nick Bostrom giungeva a una sconcertante conclusione, ripresa poi in modo più divulgativo in un supplemento del Times: “C’è una significativa probabilità che voi stiate vivendo in una simulazione al computer. Intendo in senso letterale: se l’ipotesi della simulazione è vera, voi esistete in una realtà virtuale simulata in un computer da qualche civiltà progredita. Anche il vostro cervello non è altro che una parte della simulazione”. Il fisico Paul Davies ha sviluppato quest’argomentazione dal punto di visita cosmologico. Poiché oggi la tesi più accreditata dai cosmologi prevede l’esistenza di un multiverso, ossia non un solo universo, ma un insieme tendenzialmente infinito di universi, è estremamente probabile che in qualcuno di questi infiniti universi una civiltà intelligente altamente tecnologica sia diventata capace di creare altri universi “al computer”.

“ C’è una significativa probabilità che voi stiate vivendo in una simulazione al computer. ”
Nick Bostrom
Questa possibilità si fonda tuttavia su un assunto finora non dimostrato: e cioè che le macchine possano simulare perfettamente una coscienza. Insomma, l’assunto è che possano esistere delle A.I., ossia delle intelligenze artificiali, indistinguibili dalle intelligenze umane. Secondo il fisico teorico Sir Roger Penrose ciò non è possibile: in diverse sue opere, e in particolare nel bestseller La mente nuova dell’imperatore, Penrose ha cercato di dimostrare l’impossibilità di simulare la mente umana da parte di una macchina, come invece sosteneva Alan Turing, il fondatore degli studi sulle intelligenze artificiali. Se però si ammette che sia possibile simulare un’intelligenza autocosciente, allora nulla vieta in linea di principio che si possano creare universi “finti”.

Scoprire l'inganno

Il guaio è che, se vivessimo in uno di questi universi, non potremmo accorgercene, esattamente allo stesso modo in cui un software che gira su un computer non riconosce l’hardware su cui gira, a meno che non sia stato programmato per farlo. E sarebbe alquanto ingenuo, da parte di eventuali “fabbricanti di universi”, programmare la loro simulazione in modo da permetterci di scoprire di vivere in un universo fittizio. Secondo Bostrom, un simile universo è molto più “a buon mercato” di uno vero, perché se anche fosse necessaria un’enorme potenza di calcolo, lo sforzo sarebbe comunque di gran lunga inferiore a quello di metter su miliardi di miliardi di atomi. Anche perché non sarebbe necessario creare un universo enorme, e tantomeno vecchio di 13 miliardi di anni: basterebbe programmarlo in modo da simulare la sua vastità e la sua età, traendoci in inganno. Anche ciascuno di noi potrebbe essere “nato” appena pochi secondi fa, ma programmato in modo da possedere una falsa memoria di interi anni.

simulazione

Il cosmologo John Barrow ha trattato anch’egli con molta serietà la questione, suggerendo però la possibilità di dimostrare che il nostro universo sia un falso. Infatti, qualsiasi programma per computer non può funzionare perfettamente in eterno, ma ha bisogno ogni tanto di interventi esterni da parte del programmatore per fare in modo che continui a funzionare regolarmente. Ebbene, questi interventi esterni potrebbero essere scoperti osservando, per esempio, un improvviso mutare di una legge o di una costante della fisica. “E’ una soluzione che suona molto familiare a qualunque proprietario di computer riceva regolarmente aggiornamenti destinati a protegger la macchina da nuove forme di invasione virale o da lacune del programma di riparazione che i creatori originari non avevano previsto”, spiega Barrow nel suo ultimo Il libro degli universi, recentemente uscito in Italia, rielaborando una tesi pubblicata anni fa su “New Scientist” proprio in risposta alla pubblicazione di Bostrom.

Se ciò avvenisse, gli scienziati del nostro universo dovrebbero di tanto in tanto imbattersi in osservazioni sperimentali piuttosto sconcertanti, in disaccordo con le leggi della fisica. Oppure ci troveremmo a scoprire che le costanti di natura stanno cambiando. Ebbene, secondo Paul Davies simili osservazioni sarebbero già state compiute. Per esempio, esistono forti indizi di un cambiamento nella forza elettromagnetica negli ultimi sei miliardi di anni. Ed è noto che il nostro universo ha iniziato “misteriosamente” ad accelerare più o meno nello stesso periodo, durante il quale l’energia oscura ha iniziato a far sentire decisamente i suoi effetti. La materia oscura potrebbe inoltre essere nient’altro che il risultato di un’incostanza su larga scala della forza di gravità, magari risultante da un guasto del simulatore. E la recente osservazione, poi smentita, di neutrini più veloci della luce, potrebbe essere stata l’effetto di un bug. Siamo nel campo delle ipotesi fantascientifiche, certo. Ma se fosse tutto vero? Allora, ragionano gli scienziati, sarebbe meglio far finta di niente. Perché se i progettisti, lì fuori, si accorgessero che abbiamo scoperto il trucco, potrebbero anche decidere di staccare la spina.

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