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Due farmaci già esistenti possono ridurre le apnee notturne del 30%

Lo dimostrano i risultati della sperimentazione clinica condotta da un team di ricerca australiano che ha valutato l’uso combinato del noradrenergico reboxetina in combinazione con l’antimuscarinico butilbromuro nel migliorare la funzione delle vie aeree superiori.
A cura di Valeria Aiello
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Due farmaci già in uso, ma approvati per il trattamento di altre patologie, si sono rivelati efficaci nel ridurre la gravità dell’apnea notturna, dimostrando di migliorare la funzione delle vie aeree superiori durante il sonno. Lo indicano i risultati della sperimentazione clinica condotta da un team di ricerca australiano che ha valutato l’uso combinato dei due medicinali in uomini e donne di età compresa tra i 18 e 65 anni con apnea ostruttiva del sonno, nota anche come OSA (Obstructive Sleep Apnea), una condizione caratterizzata da pause nella respirazione durante il sonno, dovute all’ostruzione parziale o totale delle prime vie respiratorie.

Oltre ai sintomi più comuni, come il russamento e i risvegli improvvisi, le apnee notturne determinano una riduzione della concentrazione di ossigeno nel sangue, con variazioni della frequenza cardiaca e aumento dei valori della pressione arteriosa, incrementando il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, insufficienza respiratoria e disturbi neurologici, come ansia, instabilità emotiva e sindromi depressive.

Nonostante quasi trent’anni di ricerche, non esistono tuttavia terapie farmacologie approvate per questa condizione. I trattamenti consistono principalmente nell’utilizzo di dispositivi per ridurre l’ostruzione, come ad esempio i cerotti nasali, e di maschere o altri device per il supporto ventilatorio delle vie aeree superiori (terapia a pressione positiva continua delle vie aeree, CPAP), un approccio che molte persone trovano scomodo e più della metà non prova, ritenendolo difficile da tollerare.

Ad aprire la strada verso una cura efficace è il lavoro pubblicato sul Journal of Physiology che ha testato l’efficacia della reboxetina, un agente noradrenergico indicato per il trattamento della depressione, in combinazione con butilbromuro di joscina, un principio attivo ad azione antimuscarinica impiegato come antispastico.

Il trattamento, somministrato a 12 volontari con apnee notturne nell’ambito dello studio clinico randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo (ACTRN12617001326381), ha mostrato di aumentare la funzione delle vie aeree superiore, riducendo la gravità della condizione del 30%. Quasi tutti i partecipanti trattati hanno mostrato miglioramenti anche per quanto riguarda il livello di ossigeno nel sangue, con una diminuzione di un terzo del numero di risvegli improvvisi.

Siamo rimasti entusiasti dei risultati, perché le opzioni di trattamento per le persone con apnea notturna sono limitate – ha affermato il professor Danny Eckert, ricercatore capo del Neuroscience Research Australia (NeuRa) e responsabile della ricerca – . Successivamente, esamineremo gli effetti di questi e di altri farmaci simili a lungo termine. Valuteremo inoltre se potremo sfruttare i benefici dei singoli farmaci senza necessità del trattamento di combinazione”.

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