Dubbi sui test rapidi e salivari per Covid-19: “Affidabili in meno della metà dei casi”
“I test antigenici rapidi e salivari per la diagnosi dell’infezione da nuovo coronavirus Sars-Cov-2 hanno un’affidabilità di compresa tra il 50 e il 30 percento dei casi”: a riportare l’attenzione sulla sensibilità dei test antigenici e, in particolare, su quelli basati sull’analisi della saliva, è il centro di biotecnologie avanzate Ceinge di Napoli che, nell’ambito del progetto di ricerca Task Force Covid-19 finanziato dalla Regione Campania, si è occupato tra l’altro di valutare l’efficienza dei test antigenici rapidi e l’utilizzo della saliva come campione biologico alternativo a quello naso-faringeo.
Dubbi sulla sensibilità dei test antigenici rapidi e salivari
In queste settimane la comunità scientifica ha guardato con grande interesse ai test antigenici, considerandoli una valida alternativa al tampone tradizionale nel contesto emergenziale che stiamo affrontando, nonostante diversi studi (Scohy A et al; Cerutti F et al; Jayamohan H et al, Nagura-Ikeda M et al) abbiano indicato una sensibilità inferiore rispetto ai test tradizionali condotti attraverso PRC-RT e dunque mirati alla ricerca dell’Rna virale. Per sensibilità, per capirci, si intende la capacità di rilevare i positivi che, nelle indagini condotte presso il Ceinge di Napoli, si è rivelata ben lontana da quella dei tamponi molecolari.
Nello specifico, i ricercatori hanno messo a confronto gli esiti ottenuti attraverso i tamponi molecolari tradizionali e quelli ottenuti con test antigenici rapidi e salivari. “I risultati sono del tutto in linea con la letteratura scientifica internazionale” scrivono i ricercatori del Ceinge in una nota, precisando che i test antigenici rapidi, cioè quelli basati sulla ricerca delle proteine (antigeni) espresse sulla superficie del coronavirus Sars-Cov-2 “per ora non offrono sufficienti garanzie i termini di percentuale di casi positivi identificati”.
“Affidabili in meno della metà dei casi”
Rispetto al test molecolare che, è bene chiarirlo, è attualmente il riferimento per stabilire il contagio da Sars-Cov-2, i test antigenici rapidi hanno dimostrato una sensibilità diagnostica del 50%, percentuale che, quando il test antigenico è stato svolto su campioni di saliva, è stato di appena il 20%. Il confronto tra le performance delle due tecniche diagnostiche, spiegano i ricercatori, è stato svolto attraverso le analisi di campioni ottenuti da pazienti con Covid-19 in diverse fasi della malattia, tutti risultati positivi al tampone molecolare naso-faringeo e oro-faringeo, ricoverati presso i reparti dedicati dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Da questi pazienti sono stati raccolti sia campioni biologici con tampone naso e oro-faringeo (tradizionale prelievo in uso per la diagnostica Covid-19), sia cellule della mucosa buccale e saliva. Tali campioni biologici sono quindi stati analizzati attraverso classica metodologia di PCR-RT per l’individuazione dell’RNA virale e attraverso la metodologia rapida (test rapido) antigenico.
Sebbene il classico tampone naso-oro-faringeo con analisi molecolare in PCR-RT sia risultato positivo in tutti i pazienti testati, il tampone della mucosa buccale con saliva con analisi molecolare in PCR-RT è risultato positivo in una frazione di circa il 50% dei pazienti. Il classico tampone naso-oro-faringeo con analisi antigenica (test rapido) è risultato positivo in circa il 30% dei pazienti testati, mentre il tampone della mucosa buccale con saliva con analisi antigenica (test rapido) ha dato esito positivo nel 20% dei pazienti testati.
Tampone molecolare inevitabile per la diagnosi
Dati che hanno dunque indicato come la sensibilità diagnostica del test antigenico sia di circa il 50% e che la stessa sensibilità diagnostica – sia del test molecolare classico sia del test antigenico rapido su saliva – sia compresa tra il 20 e il 30%. “Se il test antigenico o il prelievo salivare venissero applicati a soggetti asintomatici o con sintomi meno severi rispetto a quelli ricoverati (presumibilmente con carica virale più bassa), la sensibilità diagnostica potrebbe essere ancora più bassa” sottolineano i ricercatori, indicando come “assolutamente da evitare” il loro impiego nella pratica clinica.
D’altra parte, per far fronte alla seconda ondata di Covid-19 che sta colpendo il nostro Paese, i tamponi rapidi saranno presto disponibili negli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri. A fronte di un esito positivo, il test vincolerà comunque a un tampone molecolare per la conferma della positività e, anche qualora il medico verifichi una clinica sospetta in un paziente negativo al test antigenico, potrà comunque richiedere il test molecolare. In tal senso, il loro utilizzo potrà essere utile nello screening di popolazioni o comunità particolarmente fragili, permettendo di fare tantissimi test in pochissimo tempo, senza sostituirsi al tampone tradizionale che malgrado le lunghe attese e le 24-48 ore necessarie al processamento del campione, rimane lo standard con cui si procede alla diagnosi di infezione da Sars-Cov-2.