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Dormire poco fa male al cervello: lo può portare ad auto-divorarsi e si rischia l’Alzheimer

La privazione cronica del sonno spinge le cellule cerebrali deputate alla ‘pulizia’ dei materiali di scarto a un’iperattività, con un raddoppio dei processi di fagocitosi. Tale anomalia è stata già associata a patologie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca italiano dell'Università Politecnica delle Marche, in collaborazione con l'Università del Wisconsin, ha dimostrato che la carenza di sonno attiva un meccanismo di ‘autoconsumazione' cerebrale, legato all'iperattività delle cellule che normalmente, durante la notte, fanno pulizia di detriti, sostanze tossiche e connessioni sinaptiche logore. In altre parole, dormire poco e male potrebbe incentivare e accelerare i processi neurodegenerativi scatenati dalle demenze, come il famigerato morbo di Alzheimer, che dalla fine degli anni '90 ad oggi ha – incredibilmente – aumentato del 50 percento il numero di vittime.

Per capire l'anomalia innescata dalla privazione cronica del sonno è doveroso soffermarsi sulla naturale attività cerebrale durante le ore di riposo. Il sistema di ‘pulizia' si avvale di due tipologie di cellule: gli astrociti, deputati alla rimodulazione delle connessioni sinaptiche inutili, e le cosiddette cellule di microglia, che attraverso un processo di fagocitosi eliminano la ‘spazzatura' che si deposita nel tessuto, dalle cellule morte alle sostanze di scarto e potenzialmente tossiche. Gli studiosi italiani, coordinati dal neuroscienziato Michele Bellesi, si sono interessati a queste cellule poiché, in una precedente ricerca, avevano verificato che il gene Mertk e il suo ligando Gas6, legati alla fagocitosi degli astrociti, erano risultati sovraregolati in risposta alla privazione del sonno.

Il team ha dimostrato che la privazione del sonno “divora” le sinapsi attraverso l'analisi del cervello di quattro distinti gruppi di topi: il primo ben riposato; il secondo svegliato sporadicamente; il terzo tenuto sveglio per otto ore aggiuntive e l'ultimo totalmente privato del sonno, per ben cinque giorni consecutivi. Le scansioni hanno rilevato che gli astrociti dei topi meno riposati eliminavano più del doppio delle sinapsi rispetto a quelli riposati, un dato che può essere interpretato come positivo, dato che si trattava di connessioni logore. Tuttavia è stata notata anche un'iperattività delle cellule gliali, che altri studi avevano già associato a patologie neurodegenerative come il già citato morbo di Alzheimer. Sebbene siano necessarie ulteriori indagini per capire cosa avvenga esattamente nel tessuto cerebrale, lo studio italiano, i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista specializzata Journal of Neuroscience, mette in luce ancora una volta i rischi legati alla carenza del sonno.

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