Danni cerebrali e morte: perché scuotere un neonato è pericoloso

Il neonato piange, piange, piange e non sembra voler smettere, il genitore, già stressato dall'essenza di sonno ed emotivamente provato, reagisce nel peggior modo possibile: scuotendo il piccolo come se fosse una bambola, nella speranza (errata) che le lacrime cessino di scendere copiose e torni il sereno. Avete mai sentito parlare della Sindrome del Bambino Scosso? Si tratta di una lunga serie di segni e sintomi che i bambini appena nati riportano in seguito a violenti traumi provocati appunto dalle scosse volontarie inferte da un adulto.
Si tratta di una sindrome che si manifesta con seri danni neurologici e, nei casi più gravi, a morte. Purtroppo quella di scuotere violentemente i bambini è una pratica più frequente di quanto si possa pensare, forse perché gli adulti non si rendono conto dei possibili danni che potrebbero provocare, per questo è importante parlarne.
Cosa porta un genitore a scuotere il figlio?
I ricercatori spiegano che esiste un fase della vita del neonato caratterizzata dal “Purple Crying”, quella che di solito noi consideriamo la fase “delle coliche”, quando cioè i bimbi piangono violentemente e insistentemente, in maniera incontrollata e incontrollabile. Inizia verso la seconda settimana e va avanti fino a quarto mese di vita.
La SBS (Sindrome da Bambino Scosso) distrugge le cellule cerebrali dei bimbi e impedisce la normale ossigenazione del cervello, questo può portare a danni permanenti facilmente diagnosticabili dai medici in caso di morte.
Altri sono i sintomi, irritabilità, difficoltà a star sveglio, problemi respiratori, inappetenza, tremori, vomito, pelle pallida o bluastra, paralisi e coma.
Il miglior modo per prevenire questi danni è, ovviamente, evitare di scuotere i neonati e portare pazienza. Se non ci si sente adeguati, è meglio richiedere il supporto di qualcuno. Tutti possiamo aver bisogno di aiuto.
[Foto copertina di Tania VdB]