Da Lucca la “Road Map” per la conquista dello spazio
C’erano grandi aspettative quest’anno per la terza conferenza internazionale sull’esplorazione dello spazio tenutasi a Lucca dall'8 al 10 novembre. Dopo il ritiro degli Shuttle e l’abbandono della “grand strategy” dell’amministrazione Bush per riportare l’uomo sulla Luna, costruendovi una base, sul tema dell’esplorazione dello spazio c’è molta incertezza. Il presidente americano Barack Obama ha elaborato un nuovo piano, che è piaciuto a pochi, e che mira a uno sbarco dell’uomo su Marte nel decennio 2030. “La nostra generazione assisterà allo sbarco su Marte”, ha promesso Obama, che però ha cancellato i piani di una nuova presenza umana sulla Luna. Ora, a Lucca, dove si sono riuniti i responsabili delle agenzie spaziali di Europa, Stati Uniti, Canada, Russia e Cina, è stata elaborata una “Road Map” che punta con decisione verso le stelle.
Un piede sulla Luna con un occhio all'Elio-3
Smentendo la politica di Obama per lo spazio, il cosiddetto “ObamaSpace”, Cina e Russia hanno indicato la Luna come loro obiettivo primario. Non è un mistero che la Cina abbia da tempo ambiziosi progetti per il nostro satellite: il loro programma, “Chang’e”, ha già portato due sonde in orbita intorno alla Luna nel 2007 e nel 2010, e la successiva sonda, Chang’e 3, dovrebbe provare ad allunare felicemente nel 2013. I cinesi hanno tutte le ragioni per essere fiduciosi: dopo aver lanciato nello spazio il loro primo astronauta (o meglio taikonauta) nel 2003, in pochi anni hanno compiuto passi da gigante e pochi giorni fa in orbita intorno alla Terra è avvenuto l’assemblaggio automatico dei primi due moduli di una futura stazione spaziale cinese, già battezzata Tiangon-1, che sarà completata nel 2020 (quando la Stazione Spaziale Internazionale, con tutta probabilità, sarà abbandonata). Nel 2014 sulla Luna sbarcherà un piccolo rover cinese per analisi minerarie del suolo e nel 2017 una sonda raccoglierà campioni del terreno lunare e li riporterà sulla Terra.
Stessa storia per la Russia: nel 2014 un rover realizzato da scienziati indiani analizzerà il suolo lunare, seguirà una nuova sonda nel 2015 e quindi uno sbarco umano con l’obiettivo di costruire una base permanente; una stazione spaziale, svelano inoltre i russi, sarà realizzata in orbita intorno alla Luna, e servirà da collegamento tra la Terra e la colonia lunare. Il tutto in vista di uno sbarco umano con un obiettivo preciso: lo sfruttamento delle risorse minerarie della Luna. Un campo tutto da esplorare, ma a far gola alla Cina e alla Russia è soprattutto l’Elio-3, il petrolio del futuro. Quando la fusione nucleare diventerà realtà, l’elio-3 sarà il principale combustibile per i reattori e, mentre sulla Terra non esiste che in quantità irrisorie, sulla Luna è abbondante. Si tratta di una prospettiva lontana almeno cinquant’anni, ma per allora la Cina e la Russia vogliono avere già i piedi ben piantati sul nostro satellite e possibilmente una tecnologia già funzionante per estrarre l’elio-3. Così da essere gli emirati arabi del domani.
La lunga marcia verso il Pianeta Rosso
La lunga esperienza della Russia li rende sicuri anche di poter guardare a Marte. In realtà l’ultima missione verso Marte lanciata dai russi pochi giorni fa, la sonda Phobos-Grunt, non è riuscita a posizionarsi nella giusta orbita verso il Pianeta Rosso e probabilmente andrà perduta. Doveva raggiungere una delle due piccole lune di Marte, Phobos, analogamente a una sonda sovietica andata perduta nel 1989. Famosa, questa, perché poco prima di perdere misteriosamente i contatti con la Terra, registrò con la telecamera di bordo un’ombra ellittica proiettata sulla superficie marziana, che sgomentò le agenzie spaziali di mezzo mondo. I russi dissero che quell’immagine semplicemente non poteva esistere, ma gli ufologi si scatenarono. Fatto sta che, nonostante i fallimenti, l’agenzia russa Roscosmos sta preparando Mars-Net, una sonda che ha l’obiettivo ambizioso di installare sulla superficie di Marte una serie di micro-stazioni scientifiche per analisi dei fenomeni atmosferici e del suolo. Dati che, se saranno raccolti, si riveleranno preziosissimi per il futuro sbarco dell’uomo.
Più cauti Europa e Stati Uniti, che pure su questi argomenti sono molto più avanti dei russi e dei cinesi. In effetti, pesa sui programmi spaziali d’esplorazione soprattutto la congiuntura economica sfavorevole, che ha costretto, tra le altre cose, a mettere in stand-by l’ambiziosa missione ExoMars che dovrebbe sbarcare sul Pianeta Rossa nel 2018 due rover, uno costruito dagli americani e uno dall’Europa, in particolare dai laboratori Thales Alenia Space di Torino. Una grande opportunità che gli europei intendono cogliere appieno ma che la NASA – principale finanziatrice delle operazioni – ha ammesso di non riuscire, al momento, a portare avanti.
Comunque, il prossimo 25 novembre partirà alla volta di Marte il Mars Science Laboratory che a bordo ospita il più grande rover finora realizzato, delle dimensioni di un’automobile. Curiosity, questo il nome, sbarcherà il prossimo agosto su Marte e gironzolerà sulla sua superficie per soddisfare le curiosità degli scienziati: in particolare, analizzerà un cratere dove dovrebbero esserci tracce di acqua e soprattutto “trapanerà” il terreno per verificare se nel sottosuolo marziano vi siano tracce di vita microscopica (ma pur sempre vita), presente o più probabilmente passata.
Prossa tappa: gli asteroidi (e soprattutto Apophis)
La NASA ha grandi progetti ma pochi soldi. Tuttavia, se l’esplorazione dello spazio potrà fare passi avanti, sarà solo grazie agli americani. Saranno loro a realizzare il lanciatore che potrà mandare nello spazio la futura astronave diretta su Marte, probabilmente a propulsione nucleare, da realizzarsi non prima del 2020. Per allora, il lanciatore (per intenderci, il “razzo” che vediamo accendersi a ogni lancio verso lo spazio), sarà pronto a portare gli americani sulla Luna, se lo vorranno – la NASA sta ancora decidendo – e nel 2030 su un asteroide. La grande novità dell’ObamaSpace è infatti questa: un atterraggio umano su un asteroide, per verificare le capacità della futura missione umana su Marte di atterrare e ripartire verso la Terra. Ancora non è stato scelto l’asteroide, ma alcuni dicono si tratterà proprio di Apophis.
Si tratta di una grossa roccia spaziale che nel 2036 potrebbe impattare la Terra. Possibilità remote, certo, circa 1 su 150.000. Ma sufficienti a preoccupare gli scienziati, tra cui l’astrofisica italiana Margherita Hack che ha più volte lanciato l’allarme per Apophis. I russi contano di farne deviare l’orbita nel 2029 con una sonda che dovrebbe trainare l’asteroide lontano dalla Terra. Anche la Cina e l'ESA stanno studiando proprie contromisure, per essere pronte nel caso in cui le cose dovessero mettersi male.
A ogni buon conto, l’appuntamento è ora a Washington per la fine del 2012. Poche settimane dopo le elezioni presidenziali che stabiliranno se Obama resterà o meno alla Casa Bianca, le grandi agenzie spaziali si rivedranno con un ordine del giorno preciso: la realizzazione di un programma condiviso da tutte le potenze spaziali per conseguire l’obiettivo più ambito, lo sbarco dell’Uomo su Marte. Forse vedremo presto nascere, come ha ipotizzato Giovanni Caprara, una "ONU dello spazio".