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Curare la celiachia, ‘cavallo di Troia’ biodegradabile insegna al corpo che il glutine è ‘buono’

I ricercatori hanno trovato una strategia per insegnare al nostro corpo che il glutine è ‘buono’ e che quindi il sistema immunitario non deve intervenire scatenando un’infiammazione. Per riuscirci hanno sviluppato una tecnologia che si basa su una nanoparticella biodegradabile che agisce che un ‘cavallo di Troia’. Ecco cosa c’è da sapere.
A cura di Zeina Ayache
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Credit: Photoshop Tofs
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Grazie ad una nuova tecnologia è possibile insegnare al nostro corpo che il glutine è ‘buono’ e quindi ridurre l’infiammazione tipica della celiachia. Questo è quanto sostengono i ricercatori della Northwestern University che sono riusciti a raggiungere la fase 2 dei trial clinici con la loro tecnologia che funziona come un ‘cavallo di Troia’ biodegradabile. Vediamo insieme cosa c’è da sapere.

Gli scienziati hanno sviluppato una nanoparticella biodegradabile che contiene glutine e che, come un ‘cavallo di Troia’ viene inserita nel corpo delle persone celiache e insegna al sistema immunitario che l’allergene in realtà è sicuro e che non c’è bisogno di attaccarlo.

I primi esperimenti effettuati hanno già dimostrato l’efficacia di questa nuova tecnologia che è stata testata per una settimana su persone celiache alle quali è stato chiesto di mangiare glutine per le due settimane successive all’introduzione nel loro corpo di questo ‘cavallo di Troia’. I dati raccolti hanno dimostrato che, in seguito al trattamento, la risposta infiammatoria scatenata dal sistema immunitario in presenza di glutine si riduce del 90%: questo evita i danni all’intestino provocati dalla celiachia.

I vantaggi di questa tecnologia, che ora può passare alle fasi successive della sperimentazione visti gli ottimi risultati ottenuti, potrebbero riguardare anche altre condizioni come la sclerosi multipla, il diabete di tipo 1, l’allergia alle noccioline e l’asma. Ma per queste sono necessari nuovi test. Come spiegano gli scienziati infatti “Abbiamo anche dimostrato che possiamo incapsulare la mielina nella nanoparticella per indurre tolleranza a questa sostanza per altre condizioni come la sclerosi multipla, oppure è possibile introdurre una proteina dalle cellule beta del pancreas per indurre tolleranza all'insulina nei soggetti con diabete di tipo 1”.

Lo studio è stato presentato in occasione della conferenza ‘European Gastroenterology Week’ che si tiene a Barcellona.

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