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Cuore, reni e cervello: il coronavirus non colpisce solo i polmoni

Dalle cartelle cliniche dei pazienti ricoverati negli ospedali di tutto il mondo e dalle autopsie di chi è deceduto per coronavirus, i medici hanno determinato che la COVID-19 può danneggiare anche il cuore, i reni e scatenare problemi neurologici. Possibile anche un impatto sul fegato e su altri organi.
A cura di Andrea Centini
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Pur essendo un patogeno respiratorio, il coronavirus SARS-CoV-2 può produrre gravi complicazioni che vanno ben oltre i polmoni, coinvolgendo anche reni, cuore, intestino e anche il cervello. Lo dimostrano le cartelle cliniche dei pazienti ricoverati negli ospedali di tutto il mondo e anche gli esami necroscopici (autopsie) dei deceduti, nei quali sono stati evidenziati danni acuti a vari organi. La situazione è così seria da aver spinto un gruppo di scienziati britannici a lanciare un appello sull'impatto multiorgano della COVID-19, che a Londra sta determinando non solo una carenza di ventilatori polmonari, tra i dispositivi più preziosi per il contrasto alla patologia, ma anche macchine per la filtrazione del sangue, pompe per la somministrazione dei farmaci e altri ancora. “Su 690 pazienti del Regno Unito ricoverati in terapia intensiva con COVID-19 confermata, il 25 percento aveva bisogno di un supporto cardiovascolare avanzato, il 18,5 percento ha richiesto supporto renale e il 4,5 percento ha ricevuto supporto neurologico”, scrive il Financial Times, che ha visionato una nota redatta dal dottor Daniel Martin, primario del reparto di terapia intensiva legata a gravi malattie infettive presso il Royal Free Hospital.

Il motivo per il cui il coronavirus SARS-CoV-2 può colpire più organi potrebbe essere legato al fatto che il recettore ACE2 delle cellule umane cui si lega la proteina S (Spike) del patogeno è presente in un gran numero di tessuti. È noto che il virus sfrutta le Spike (o spicole) come un grimaldello per scardinare le difese della parete cellulare e riversarsi al suo interno, dando vita al processo di replicazione e dunque all'infezione vera e propria. Il recettore ACE2 è ben presente nel tratto respiratorio, ma lo si trova in abbondanza nel tratto digerente, sulla superficie del cuore e in molti altri distretti dell'organismo umano. Il virus, una volta diffusosi nel corpo (è stato trovato anche in campioni di feci e sangue), potrebbe avere così accesso a più organi e determinare danni diffusi.

In un report dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) basato sulle cartelle cliniche di circa mila pazienti deceduti, la diarrea è stata rilevata nel 7 percento dei casi, mentre gli scienziati dell'Istituto di virologia e ricerca sull'HIV dell'Università di Bonn (Germania) guidati dal professor Hendrik Streeck l'hanno evidenziata nel 30 percento dei loro assistiti, tutti cittadini della città di Heisenberg, considerata il principale epicentro dell'epidemia in Germania. Lo stesso team di ricerca ha osservato perdita dell'olfatto (anosmia) e alterazione perdita del senso del gusto (disgeusia), tutte condizioni associate al tratto gastrointestinale, che suggeriscono un'interazione tra il coronavirus SARS-CoV-2 e le cellule dell'apparato digerente (note per essere ricche di ACE2).

Per quanto concerne il cuore, è noto da tempo che i virus respiratori (compresi quelli dell'influenza) possano determinare gravi eventi cardiovascolari alla stregua degli infarti, come specificato dalla Fondazione Veronesi, che cita l'articolo “Physical, Psychological and Chemical Triggers of Acute Cardiovascular Events: Preventive Strategies” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica specializzata Circulation. Recenti articoli pubblicati su JAMA Cardiology, come quello dell'Università del Texas, hanno inoltre rilevato miocarditi (infezioni al cuore), vasculiti (ai vasi sanguigni), aritmie, insufficienza cardiaca e altre condizioni all'apparato cardiocircolatorio in pazienti affetti da COVID-19, anche in chi aveva un cuore perfettamente sano prima di restare contagiato. E non è un caso che l'ipertensione e le cardiopatie siano comorbilità associate a un rischio di mortalità più elevato per i pazienti colpiti dal coronavirus.

Altri organi fortemente esposti al coronavirus sono i reni, in particolar modo lo sono i tubuli dei nefroni deputati alla filtrazione del sangue, tanto che i pazienti più gravi possono sviluppare un'insufficienza renale acuta potenzialmente fatale. “Nelle autopsie finora condotte, si è visto che un terzo dei pazienti è deceduto a causa di un’insufficienza renale acuta. Sappiamo che l’infezione determina un aumento della microcoagulazione del sangue nei vari organi. Alcune persone potrebbero essere morte perché i reni si sono bloccati proprio a causa di questo evento”, ha spiegato il professor Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). Meno evidente l'impatto della COVID-19 sul fegato. Benché infatti siano state rilevate delle alterazioni nei livelli delle aminotransferasi e della bilirubina, non è chiaro se il coronavirus riesca a invadere anche questo organo. Per quanto concerne il cervello, il neurologo e neurofarmacologo Luca Steardo dell’Università Sapienza di Roma ha supposto che il SARS-CoV-2 possa essere in grado di invadere anche il Sistema Nervoso Centrale, esattamente come i virus responsabili della SARS e della MERS (che condividono ampia parte del proprio patrimonio genetico col nuovo patogeno). In un paziente cinese ricoverato presso il Ditan Hospital di Pechino sono state identificate tracce del coronavirus nel suo liquido cerebrospinale. L'uomo presentava una riduzione della coscienza, ma la TAC non mostrava danni evidenti. Stato confusionale e danni neurologici sono stati invece osservati in una donna di 50 anni ricoverata a Detroit con coronavirus, come riportato dal New York Times.

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