Così l’uomo influenza direttamente il clima e le condizioni meteo della Terra
L’uomo esercita un’influenza diretta sul clima e sulle condizioni meteorologiche della Terra, principalmente attraverso la combustione di carburanti fossili, la deforestazione e l’allevamento intensivo di bestiame e altre attività che determinano un aumento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) e di altri inquinanti nell’atmosfera terrestre.
L'influenza sul sistema climatico del Nord Atlantico
La nuova dimostrazione dell’origine antropica dei cambiamenti climatici arriva da uno studio pubblicato su npj Climate and Atmospheric Science dai ricercatori della Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science dell’Università di Miami che hanno fornito una prova degli effetti dell’azione dell’uomo sull’Oscillazione Nord Atlantica, il fenomeno da cui dipende buona parte del clima europeo e sulla costa orientale degli Stati Uniti. Il team di ricerca ha osservato che le modifiche subite negli ultimi 50 anni dall’Oscillazione Nord Atlantica possono essere ricondotte alle attività umane che hanno impatto sul sistema climatico. “In questo studio, dimostriamo l’uomo sta influenzando i modelli meteorologici e del clima sull’Atlantico e che potremmo essere in grado di utilizzare queste informazioni per prevedere i cambiamenti con un anticipo di anche un decennio” ha spiegato Jeremy Klavans, autore corrispondente e prima firma dell’articolo.
L’Oscillazione Nord Atlantica, nota anche con l’acronimo NAO, dall’inglese North Atlantic Oscillation, è un pattern di circolazione atmosferica il cui comportamento è determinato dalle fluttuazioni della pressione sull’Oceano Atlantico settentrionale. A sua volta, questo fenomeno influisce sull’intensità e sulla localizzazione della corrente a getto (jet stream), con un forte effetto sul clima invernale in Europa, Groenlandia, Stati Uniti Nord-orientali e Nord Africa, e sulla qualità dei raccolti e sulla produttività della pesca nell’Atlantico settentrionale.
Attraverso una serie di simulazioni effettuate utilizzando diversi grandi set di modelli climatici compilati dai ricercatori del National Center for Atmospheric Research, gli studiosi hanno osservato le variazioni subite dall’Oscillazione Nord Atlantica negli ultimi decenni e previsto quale sarà l’impatto dell’azione dell’uomo sul sistema di circolazione atmosferica con scala temporale quasi decennale.
L’identificazione di questa componente prevedibile, ottenuta dall’analisi di 269 serie di modelli, ovvero oltre 14mila anni di modelli simulati, ha suggerito che gli inverni potrebbero diventare più caldi ed umidi in Europa e negli Stati Uniti orientali. In particolare, durante il periodo invernale, quando la differenza di pressione è superiore alla media, i climatologi indicano un indice NAO positivo, con un centro di alta pressione subtropicale più forte del solito e un minimo di pressione islandese più marcato. “Un aumento di questa differenza di pressione – indicano gli autori dello studio – si traduce in tempeste invernali più intense, che attraversano l’Oceano Atlantico su una rotta più settentrionale. Questo comporta inverni più caldi e umidi in Europa e inverni più freddi e secchi nel Canada settentrionale e in Groenlandia. Gli Stati Unti orientali sperimentano invece condizioni invernali più miti e umide”.