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Covid 19

Così le acque di scarico aiutano a identificare i focolai di Covid

La valutazione e il confronto di diverse metodiche ha indicato le migliori strategie per i test di rilevamento: “L’analisi permette di rilevare precocemente la presenza di nuove infezioni nella popolazione”.
A cura di Valeria Aiello
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Il controllo delle acque di scarico permette di rilevare precocemente la presenza di nuove infezioni da coronavirus nella popolazione. A sottolineare l’importanza dell’analisi è una nuova ricerca condotta da un team di ricerca dell’Università della Virginia, negli Stati Uniti, che ha offerto alcune prime chiare indicazioni sui metodi più efficaci per eseguire i test di rilevamento.

Gli studiosi hanno valutato e confrontato diverse tecniche analitiche, eseguendo il campionamento in contesti con numero noto di casi positivi. Ciò ha permesso di determinare i punti di forza e i limiti dei differenti metodiche, indicando le migliori strategie. “Per valutare fattibilità, prestazioni e sensibilità, abbiamo confrontato metodi di diagnostica molecolare, mettendo a punto precisi protocolli di raccolta e analisi dei campioni – hanno spiegato i ricercatori – . Abbiamo monitorato due dormitori occupati da studenti per otto settimane e i risultati confermano che l’ultracentrifugazione da un campionamento di 24 ore ha una sensibilità del 96% e una specificità del 100%”.

L’analisi ha permesso di rilevare anche un piccolo numero di casi asintomatici, tuttavia non ha consentito di distinguere tra nuove e vecchie infezioni. “Questo significa abbiamo rilevato sia casi i attivi sia quelli precedenti – ha affermato Amy Mathers, infettivologa del Dipartimento di Patologia della Scuola di Medicina dell’Università della Virginia e coordinatrice della ricerca – . L’incapacità di distinguere le persone recentemente infettate ma non più contagiose dalle nuove infezioni contagiose è comunque una scoperta importante, indicando che i test delle acque reflue sono utili a identificare nuovi casi e isolare individui in gruppi senza infezioni recenti”.

Nel documento che descrive le diverse metodiche, pubblicato sulla rivista Applied and Environmental Microbiology, gli studiosi hanno anche sottolineato l’utilità della refrigerazione per preservare le tracce di materiale genetico presente nel campione. D’altra parte, detergenti e disinfettanti impiegati nelle operazioni di pulizia delle strutture rischiano di degradare l’Rna virale nel tempo. “Questo lavoro potrebbe essere applicato alla sorveglianza negli edifici in cui le persone vivono in gruppi, dove la trasmissione può essere difficile da controllare ma il rischio di diffusione potrebbe essere alto – ha aggiunto Mathers – . Poiché siamo in grado di identificare nuove infezioni con elevata sensibilità, l’analisi delle acque reflue fornisce un segnale di allarme precoce per avviare campagne di screening e isolare le persone contagiate prima che dell’espansione del focolaio”.

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