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Covid 19

Così i vaccini del futuro potranno essere tenuti fuori dal frigo

Alcuni ricercatori stanno lavorando a formulazioni che non richiedono refrigerazione o temperature sotto lo zero. Le diverse dipendono in gran parte dal principio attivo utilizzato per indurre la risposta immunitaria.
A cura di Valeria Aiello
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Dai più nuovi vaccini anti-Covid a quelli utilizzati da tempo contro molte malattie infettive, la maggior parte dei preparati biologici che stimolano il sistema immunitario a produrre anticorpi contro gli agenti patogeni deve essere trasportata e conservata a temperature molto basse per evitare che il prodotto si degradi. La catena del freddo rappresenta un grosso ostacolo alle vaccinazioni in Paesi come il Mali o il Bangladesh, dove fino al 90% delle strutture sanitarie non dispone di sistemi di refrigerazione adeguati. Per risolvere il problema, alcuni ricercatori stanno lavorando a formulazioni che possono essere mantenute a temperatura ambiente, sebbene restino diversi ostacoli da superare prima di poter raggiunge l’obiettivo. Questi dipendono in gran parte dalla strategia adottata per la formulazione del farmaco stesso, ovvero dal principio attivo in grado di indurre la risposta immunitario. Esistono infatti vaccini a base di RNA, DNA, virus o batteri attenutati o inattivati, oppure parti dell’agente patogeno come peptidi o proteine. Questi ultimi sono relativamente stabili, ma altri tipi, come quelli che incorporano forme inattivate o attenuate del microrganismo, sono particolarmente suscettibili ai cambiamenti di temperatura.

Una strategia utilizzata per rendere più stabile la temperatura di diverse formulazioni è la cosiddetta “gabbia” molecolare, ovvero una gabbia di silice che, nel caso del lavoro portato avanti da Asel Sartbaeva, un chimico dell’Università di Bath, è impiegata per stabilizzare le proteine del il vaccino per la difterite, il tetano e la pertosse (DTP), una formulazione che di regola deve essere tenuta a una temperatura compresa tra 2 ° C e 8 ° C. “La silice – ha spiegato Sartbaeva in un articolo su Scienceè abbastanza malleabile” consentendo un adattamento perfetto alle proteine. Attratta dalle regioni delle biomolecole cariche positivamente, la silice forma una sorta di rete che corrisponde esattamente ai contorni delle proteine. Questa strategia, già testata in modelli animali, ha permesso di conservare questo vaccino per almeno un mese a temperatura ambiente e 2 ore a 80° C, secondo i dati dello studio pubblicato su Nature Scientific Reports.

Un altro approccio impiegata dai ricercatori è il metodo “Fruit Roll-Up” che prevede di racchiudere il vettore virale (adenovirus) su cui si basano più vaccini, tra cui diversi sieri anti-Covid, all’interno di un guscio di zuccheri e sali. Messo a punto dal team di studiosi dell’Università del Texas guidato da Maria Croyle, questo guscio ha dimostrato di poter mantenere stabile a temperatura ambiente un vaccino per l’ebola, secondo quando riportato in uno studio su Scienze Advance. Il vaccino così racchiuso può essere somministrato per via orale, facendo sciogliere il guscio sotto la lingua, oltre a poter essere ricostituito e quindi inoculato per via intramuscolare. I ricercatori ritengono che modificando la miscela di zuccheri e sali, il metodo potrebbe funzionare per altri vaccini e farmaci, compresi i vaccini antinfluenzali.

Nel frattempo, anche per i vaccini a RNA messaggero, come gli anti-Covid di Moderna e Pfizer-BionTech che attualmente prevedono temperature di congelamento per essere conservati, sono allo studio soluzioni che permettano di risolvere il problema della catena del freddo. In particolare, proprio in questo mese, Pfizer ha avviato i test clinici su una versione liofilizzata del suo vaccino, affinché possa essere stabile alle normali temperature di frigorifero, con i primi risultati attesi per la fine di maggio.

Un’ulteriore strategia che potrebbe essere impiegata è quella di modificare le nanoparticelle lipidiche che avvolgono la molecola di mRna nel vaccino e che sono responsabili degli stringenti requisiti di conservazione: la prima nanoparticella che può essere trasportata a temperature di firgorifero è stata progettata dalla HDT Bio, società di biotecnologie con sede a Seattle. Secondo quando riportato da Amit Khandhar, responsabile della ricerca dell’azienda, le nanoparticelle possono essere trasportate in normali frigoriferi, quindi combinate con l’RNA appena prima dell’inoculazione. L’approccio verrà testato in India, nell’ambito della sperimentazione di un candidato vaccino che utilizzerà le nanoparticelle della HDT Bio.

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