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Cos’è la “Giustizia Climatica” chiesta da Greta Thunberg ai leader mondiali

Nei suoi numerosi interventi pubblici la giovane attivista svedese Greta Thunberg ha chiesto più volte ai leader politici “Giustizia Climatica” per tutti, accusandoli di spendersi in belle parole – il famoso bla, bla, bla – ma di non agire concretamente contro il riscaldamento globale. Ma cos’è esattamente questa Giustizia Climatica? Ecco cosa desiderano gli attivisti ambientalisti.
A cura di Andrea Centini
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Durante il suo intervento a Milano nella prima giornata di Youth4Climate, alla fine di settembre, l'attivista svedese Greta Thunberg si è lanciata in uno dei suoi discorsi divenuti più celebri e virali sul web, nel quale ha accusato apertamente i leader mondiali di fare solo “bla, bla, bla” senza prendere iniziative concrete contro i cambiamenti climatici. “Basta bla, bla, bla dei politici, vogliamo Giustizia Climatica e la vogliamo ora!”, ha ribadito la fondatrice del movimento Fridays for Future. Alla fine del suo accorato discorso la giovane ha coinvolto direttamente la platea urlando “che cosa vogliamo?”, ottenendo come risposta dalle centinaia di giovani presenti: “Giustizia Climatica!”. “E quando la vogliamo?”, ha esortato la giovane attivista, cui è seguito un fragoroso “Ora!”. Lo scambio si è ripetuto alcune volte, tra grida di approvazione e applausi. Ma cos'è esattamente questa Giustizia Climatica? E perché è così importante per gli attivisti ambientalisti?

La richiesta di una giustizia climatica sottintende che al momento è presente una ingiustizia climatica, intimamente legata al fatto che il riscaldamento globale non colpisce in modo uniforme le popolazioni del pianeta. A rendere l'ingiustizia climatica particolarmente insopportabile e odiosa è anche il fatto che le società più ricche, benestanti e tecnologicamente avanzate sono quelle principalmente inquinanti e/o che hanno uno “storico” di emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra molto più significativo, il volano alla base degli attuali cambiamenti climatici. E pur essendo i Paesi ricchi i principali inquinatori del pianeta, sono quelli più poveri a subire (principalmente) per primi le conseguenze più drammatiche della febbre del pianeta. Basti pensare agli eventi siccitosi e alle recenti inondazioni che hanno interessato vaste aree dell'Africa, seminando morte, distruzione e sofferenza a un numero sempre maggiore di persone (quelle colpite dalle alluvioni sono aumentate di 6 volte negli ultimi 5 anni, secondo l'ONU). Non è un caso che assieme a Greta Thunberg, a chiedere la Giustizia Climatica sul palco vi fosse anche Vanessa Nakate, paladina dell'ambientalismo per il continente africano.

“Giustizia climatica è un termine, e soprattutto un movimento, che riconosce che il cambiamento climatico può avere diversi impatti sociali, economici, sulla salute pubblica e altri effetti negativi sulle popolazioni svantaggiate. I sostenitori della giustizia climatica si stanno sforzando per affrontare queste iniquità attraverso strategie di mitigazione e adattamento a lungo termine”, ha affermato la dottoressa Daisy Simmons di Yale Climate Connections. Del resto, dall'ingiustizia climatica possono essere investite anche le persone più fragili e gli anziani dei Paesi ricchi, ad esempio a causa delle ondate di calore mortali. La cupola di calore che ha colpito il Nord America quest'estate ha ucciso centinaia di persone, oltre ad almeno un miliardo di animali marini tra Canada e Stati Uniti. La Giustizia Climatica abbraccia dunque un concetto più ampio ed esteso a tutta l'umanità, ma è chiaro che le persone che si trovano nelle aree più svantaggiate del pianeta, come ad esempio quelle che vivono nelle pianure alluvionali dei Paesi asiatici, siano molto più esposte ai rischi dei cambiamenti climatici. Un recente studio ad esempio ha determinato che, nel caso in cui la temperatura dovesse aumentare di 3° C, ben 600 milioni di persone che vivono lungo le coste asiatiche saranno costrette ad abbandonare le proprie terre, sommerse dall'innalzamento del livello del mare (catalizzato dallo scioglimento dei ghiacci). Particolarmente esposte a questo rischio vi sono anche quei popoli delle isole del Pacifico, che potrebbero perdere completamente la propria terra natia. Tutto questo a causa dei ricchi che hanno avidamente consumato combustibili fossili – e continuano a farlo – per conquistare benessere e agiatezze sulle spalle delle popolazioni meno fortunate, dal punto di vista geografico ma anche economico e politico.

Chiedere la Giustizia Climatica ai leader politici significa impegnarsi attivamente nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra; fermare l'estrazione dei combustibili fossili; promuovere l'uso dell'energia pulita, la giustizia alimentare, equità nei diritti civili e un'attenta pianificazione nella gestione delle emergenze, dato che troppo spesso le comunità più deboli sono lasciate alla mercé degli eventi atmosferici/climatici, sempre più devastanti e frequenti. Come sottolineato dai giovani attivisti di Fridays for Future, inoltre, la Giustizia Climatica passa anche dal risarcimento dei Paesi dell'emisfero Sud del mondo, che hanno subito e continuano a subire danni devastanti a causa delle emissioni che i ricchi del nord hanno prodotto, sin dall'inizio dell'epoca industriale. Oltre a elargire fondi ad hoc, come chiesto da Nakate e Thunberg a Milano, i Paesi ricchi devono inoltre impegnarsi a cancellare il debito di quelli più poveri, che è aumentato enormemente durante la pandemia di COVID-19. Solo in questo modo i leader politici potranno garantire una vera Giustizia Climatica per tutti.

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