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Cosa succede se bevi il caffè scaduto

A tutti è capitato di trovare nella dispensa una confezione di caffè “sopravvissuta” oltre la data riportata sulla stessa, accompagnata dall’immancabile frase “da consumarsi preferibilmente entro il”. Il caffè, infatti, non ha una vera e propria scadenza come i latticini, bensì un Termine Minimo di Conservazione (TMC) che non è legato alla sicurezza alimentare. Ecco cosa c’è da sapere.
A cura di Andrea Centini
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Non tutti i prodotti alimentari hanno una vera e propria scadenza, che è caratteristica di cibi freschi alla stregua dei latticini (formaggio, latte, mozzarella etc etc), delle carni e così via. Altri come pasta, riso e caffè hanno un cosiddetto Termine Minimo di Conservazione (TMC) che viene indicato sulla confezione con la dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro il” più la data. Questa non è una vera e propria data di scadenza, da seguire scrupolosamente, bensì un'indicazione di massima sul periodo di in cui per un determinato prodotto – correttamente conservato – è garantito il mantenimento delle le sue proprietà organolettiche (il sapore, l'aroma, la fragranza), dei valori nutrizionali e via discorrendo. In parole più semplici, il TMC a differenza della scadenza non riguarda la sicurezza alimentare e dunque la salute; se consumiamo una confezione di caffè scaduto da due mesi, per fare un esempio, non corriamo il rischio di sentirci male, tuttavia la nostra bevanda non sarà così buona come quella preparata nell'arco temporale fissato dalla casa produttrice.

È fondamentale sottolineare il principio di corretta conservazione, perché se mettiamo una nuova confezione di caffè sotto al sole o all'interno di una cantina umida, il risultato sarà una bevanda scarsamente godibile anche se la “scadenza” indicata sulla confezione è fra tre anni. Il Termine Minimo di Conservazione è regolamentato a livello europeo sulla base dell'articolo 9 del Regolamento UE n. 1169/2011, sul quale si sta combattendo da anni anche una sorta di guerra della burocrazia. Diversi Paesi tra i quali la Svezia, i Paesi Bassi, la Germania, la Danimarca e altri hanno chiesto che dalle confezioni di pasta, riso e caffè venga eliminata del tutto la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il”, al fine di combattere lo spreco alimentare. Molte persone scambiano il TMC con la scadenza e tonnellate di prodotti alimentari – ancora perfettamente consumabili – vengono gettati nei rifiuti. Ma come indicato, bere un caffè oltre la data indicata sulla confezione al massimo sarà meno soddisfacente per le papille gustative e l'olfatto, ma non di certo si corre un pericolo per la salute come con una mozzarella andata a male.

Al netto di queste premesse, quasi tutte le case produttrici di caffè commerciale raccomandano di non superare i 6 mesi dalla data indicata sulla confezione, che deve comunque essere sigillata e ben conservata prima dell'utilizzo. Per avere la certezza che il prodotto sia ancora consumabile, le aziende consigliano di aprire la confezione e verificare la presenza di eventuali grumi e muffe, che sono un segno distintivo degli ambienti umidi. Anche se le confezioni sono state a lungo esposte a fonti di calore o a prodotti non esattamente salutari sconsigliano di consumare il caffè. Acclarata la sicurezza del contenuto della confezione, si può provare a gustarne una tazza, con l'unico rischio di bere un caffè insipido e privo del caratteristico aroma.

Per mantenere meglio e più a lungo il caffè macinato il consiglio è quello di evitare barattoli trasparenti (che favoriscono il passaggio della luce) e quelli che non si chiudono ermeticamente, dato che l'ossigeno favorisce l'irrancidimento, strappa l'aroma al prodotto e lo rende raffermo. Da evitare anche il frigorifero e tutte quelle situazioni che favoriscono sbalzi termici. Ma se il caffè è stato correttamente conservato come indicato più volte non ci sono particolari rischi, tenendo sempre a mente il limite di 6 mesi oltre la data indicata, come consigliato da molte aziende produttrici.

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