Cosa sappiamo della variante Lambda e perché ora l’OMS l’ha segnalata
Si chiama C.37 (alias di B.1.1.1.37) ed è stata recentemente ribattezzata “Lambda” dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che nell’ultimo aggiornamento epidemiologico settimanale l’ha designata “variante di interesse” (VOI, variant of interest) del coronavirus Sars-Cov-2 a causa del “potenziale aumento di trasmissibilità o possibile resistenza agli anticorpi neutralizzanti”. Non si tratta però di una “nuova” variante del coronavirus, in quanto le prime segnalazioni risalgono addirittura all’agosto 2020, quando questa versione virale è stata identificata per la prima volta in alcuni campioni sequenziati in Perù. Da allora, la variante è stata rilevata in 29 Paesi, con un’elevata prevalenza nell’America Latina, principalmente in Cile. Individuata anche negli Stati Uniti e in Europa, dove è stata riscontrata in circa un centinaio di casi sequenziati tra Germania e Spagna. In Italia sono stati riportati quattro casi, di cui tre nelle ultime quattro settimane.
La variante Lambda segnalata dall'OMS
Con l’indicazione di “variante di interesse”, l’OMS ha affermato di Lambda è associata a “tassi sostanziali” di trasmissione comunitaria in più Paesi, con una prevalenza crescente in concomitanza all’aumento dell’incidenza di casi di Covid-19. “È stata osservata un’elevata prevalenza, in particolare in Sud Amerina, in Paesi come il Cile (31% di prevalenza complessiva nelle sequenze registrate dal primo rilevamento in questa località ad oggi), Perù (9%), Ecuador (8%) e Argentina (2%)” ha precisato l’OMS.
La autori peruviane, indica sempre l’Agenzia delle Nazioni Unite, hanno riferito che “l’81% dei casi di Covid-19 sequenziati dall’aprile 2021 è associato alla variante Lambda” e anche l’Argentina “ha riportato un aumento della prevalenza dalla terza settimana di febbraio 2021 e tra il 2 aprile e il 19 maggio”, evidenziando che “rappresenta il 37% dei casi di Covid-19 sequenziati”. In Cile, d’altra parte, la prevalenza della variante peruviana è aumentata nel tempo “rappresentando il 32% dei casi sequenziati negli ultimi 60 giorni” in co-circolazione a tassi simili con le varianti di preoccupazione Gamma (P.1, ex brasiliana) e Alfa (B.1.1.7, ex inglese).
A caratterizzare la variante inizialmente emersa in Perù è una serie di mutazioni che, si sospetta possano conferire un potenziale vantaggio al virus, come una maggiore contagiosità o una possibile più alta resistenza agli anticorpi neutralizzanti. Nello specifico, la variante è contraddistinta da un’insieme unico di mutazioni nel gene S che codifica per la Spike (la proteina che il virus utilizza per legare le cellule e penetrare al loro interno), tra cui G75V, T76I, del247/253, L452Q, F490S, D614G e T859N; tuttavia, le prove scientifiche dell’impatto di questi cambiamenti sulle proprietà del virus sono attualmente limitate. “Sono necessari ulteriori studi sugli effetti fenotipici di queste variazioni genomiche per comprendere meglio l’impatto sulle contromisure e per controllare la diffusione – ha aggiunto l’OMS – . Sono inoltre necessari ulteriori studi per convalidare la continua efficacia dei vaccini”.