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Cosa sappiamo della mezza dose di Moderna e perché in Italia si è partiti con la terza dose intera

La questione è nata dopo che l’Agenzia europea dei Medicinali ha raccomandato di utilizzare metà dosaggio di Moderna anziché la dose piena come nel primo ciclo vaccinale. L’Italia aveva già indicato l’uso della terza dose piena e, per circa una settimana, una quota di persone ha ricevuto una dose intera anziché la metà. Secondo gli esperti, non si tratta però di un errore del Ministero o dell’AIFA, ma di una possibilità prevista dalla normativa.
A cura di Valeria Aiello
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È ancora polemica su vaccini anti-Covid. Questa volta, a riaccendere la questione non sono però i “soliti” temi che hanno animato le discussioni di questi mesi, ma una sequenza di eventi, o meglio di circolari del Ministero della Salute, finite al centro di un’inchiesta di Report che ha segnalato “un grave errore” nelle indicazioni con cui si è dato il via alla campagna terze dosi in Italia.

Il primo documento risale allo scorso 27 settembre, quando il Ministero ha individuato i due gruppi di popolazione (soggetti over 80, personale e  ospiti delle RSA) per cui procedere in via prioritaria alla somministrazione della dose aggiuntiva (booster) con i due vaccini a mRNA (Pfizer e Moderna). Una decisione basata sui dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco, la quale aveva autorizzato la somministrazione del richiamo con entrambi i sieri, in assenza di un parere dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). L’8 ottobre, il Ministero ha emanato una nuova circolare, allargando i gruppi di popolazione cui somministrare la terza dose, ma restringendo l’uso al solo vaccino Pfizer senza menzionare più Moderna. Nel frattempo (il 4 ottobre), l’EMA decideva a livello europeo di autorizzare l’uso di Pfizer e Moderna per la terza dose, con un distinguo tra i due vaccini: mentre per Pfizer l’EMA ha indicato che era utilizzabile fin da subito, per Moderna aveva precisato che il Comitato per i medicinali (CHMP) stava conducendo una valutazione dei dati, lasciando tuttavia ai vari enti nazionali la decisione finale su come agire.

Il 25 ottobre, l’EMA aveva quindi deciso di raccomandare anche Moderna per la terza dose, con la precisazione di utilizzare metà dosaggio, quindi 50 microgrammi anziché 100. In quegli stessi giorni (20 ottobre), Moderna aveva ricevuto anche l’autorizzazione all’uso del vaccino come terza dose negli Stati Uniti, dove la FDA americana ha indicato un dosaggio di 50 microgrammi anziché 100.

Riassumendo, subito dopo il via libera alla terza dose in Italia e prima delle indicazioni arrivate dall’EMA, nel nostro Paese è stata somministrata la terza dose di Moderna a dosaggio pieno, anziché la metà. In altre parole, tra il 27 settembre e il 4 ottobre, una quota di persone ha ricevuto la terza dose di Moderna da 100 microgrammi anziché da 50. Un errore? Secondo gli esperti no.

“Dalla sequenza degli eventi, non appare che l’AIFA e il Ministero della Salute italiano abbiamo ‘sbagliato’ come recitano ora in molti – scrive in un post l’infettivologo piacentino Marzio Sisti – . Al 27 settembre hanno deciso di utilizzare, per la terza dose, vaccini già autorizzati sfruttando l’indipendenza che la normativa prevede e che l’EMA concede. Poi c’è stata l’evoluzione, che ha portato Moderna a scegliere di fare metà dose”.

“Forse ci poteva stare maggior prudenza da parte del Ministero della Salute italiano nel fare la terza dose? Forse sì, ma ricordiamo che la campagna terza dose era ormai partita in molte nazioni e forse aspettare sarebbe stato visto non di buon occhio. Anche in Francia, ad esempio, hanno iniziato, peraltro ben prima di noi, la campagna per la terza dose (proposta dal Ministero della Sanità francese il 24 agosto ed iniziata dal 1° settembre) ed hanno usato da subito entrambi i vaccini Pfizer e Moderna a dosaggio intero, e solo il 19 ottobre la Francia ha deciso di sospendere l’uso di Moderna”.

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