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Cosa sappiamo del vaccino Covid di Valneva e perché è diverso da quelli già approvati

Il candidato vaccino è il primo in sviluppo clinico in Europa a base di virus inattivati, un approccio utilizzato da decenni il cui processo di produzione e le infrastrutture sono ben consolidati. La piattaforma impiegata sarà quella che l’azienda utilizza per il suo vaccino contro l’encefalite giapponese già approvato da FDA, EMA e MHRA.
A cura di Valeria Aiello
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Con l’annuncio del Regno Unito di un nuovo accordo per l’acquisto di ulteriori 40 milioni di dosi del candidato vaccino anti-Covid di Valneva, cresce l’attenzione attorno alla formulazione che la società di biotecnologie franco-austriaca produrrà nello stabilimento di Livingston, in Scozia. Il siero, attualmente in sperimentazione di fase 1-2, dovrebbe essere somministrato in due dosi ed è il primo candidato in sviluppo clinico in Europa a base di virus inattivati, un approccio utilizzato da decenni per stimolare la risposta immunitaria nei confronti di patogeni virali. Esempi di vaccini già in uso, sviluppati sulla base di questa strategia, sono il vaccino contro l’epatite A e la poliomielite, oltre al vaccino contro l’encefalopatite giapponese (che fa parte dei prodotti commercializzati da Valneva) già approvato dalla Food and Drud Administration (FDA) negli Usa, dall’Agenzia europea dei medicinali (EMA) in Europa e dalla Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA) in Gran Bretagna.

Il vaccino Covid di Valneva

Sulla base di questa stessa piattaforma, la società ha sviluppato il suo candidato vaccino anti-Covid, denominato VLA2001, prevedendo di garantire complessivamente 100 milioni di dosi al Regno Unito, con l’ultimo lotto previsto per la consegna nel 2022. Il Governo di Londra ha inoltre mantenuto le opzioni per ulteriori 90 milioni di dosi tra il 2023 e il 2025, per un valore totale dell’intero ordine di 1,4 miliardi di euro (1,24 miliardi di sterline). Valneva è inoltre in trattativa avanzata con l’Unione Europea per la fornitura di 60 milioni di dosi, prevedendo una capacità produttiva di circa 200 milioni di dosi l’anno.

Il vaccino, come detto, è ancora in fase di sperimentazione clinica e lo studio attualmente in corso, un trial randomizzato in doppio cieco su circa 150 volontari sani, sta valutando la sicurezza, tollerabilità e l’immunogenicità di tre diversi dosaggi. La sperimentazione è partita nel dicembre 2020 e i dati iniziali sono attesi nell’aprile del 2021. La società prevede poi di includere oltre 4mila partecipanti negli studi che inizieranno immediatamente dopo, ritenendo di poter potenzialmente richiedere una prima approvazione normativa nel quarto trimestre del 2021.

Diversamente dai vaccini di Pfizer-BionTech e Moderna (che sfruttano la tecnologia dell'Rna messaggero) e quello di Astrazeneca (basato invece su vettori virali), il candidato vaccino di Valneva è costituito da particelle virali intere e inattivate di Sars-Cov-2, una forma del virus che non provoca malattia in risposta alla somministrazione ma simula il primo contatto con l’agente patogeno per indurre una risposta immunitaria simile a quella causata dall’infezione naturale. Le particelle vengono prodotte sulla piattaforma consolidata da Valneva, in colture cellulari a base di cellule Vero, e combinate con due adiuvanti, allume e CpG 1018, un mix che nei test preclinici ha costantemente indotto un più alto livello di anticorpi rispetto alle formulazioni di solo allume. Un approccio simile è stato utilizzato per il vaccino CoronaVac, uno tre dei sieri anti-Covid a base di virus inattivati messo a punto dalla cinese Sinovac, per cui recentemente sono stati annunciati i primi dati di efficacia.

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