46 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Come prepararsi alla stagione influenzale, che rischia di essere pesante

Secondo le previsioni del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e di alcuni studi, la prossima stagione influenzale potrebbe essere severa, con un incremento significativo di ospedalizzazioni e casi gravi, dopo un periodo “tranquillo” per via delle restrizioni anti Covid. Ecco come prepararsi al meglio per affrontare l’influenza.
A cura di Andrea Centini
46 CONDIVISIONI
Immagine

Tra gli effetti positivi delle misure introdotte per combattere la pandemia di COVID-19 vi è stato il contenimento di numerosi patogeni respiratori, come quelli responsabili di raffreddori, sindromi parainfluenzali e influenza. In molti casi le epidemie influenzali stagionale sono state letteralmente cancellate; basti pensare che in Australia nel 2019 si registrarono 61mila infezioni, mentre nel 2020, durante la prima ondata della pandemia, sono state solo un centinaio. Anche in Italia e in molti altri Paesi non vi sono state epidemie – alcuni ceppi di virus dell'influenza potrebbero addirittura essere estinti -, ma a quasi due anni dall'inizio della diffusione del coronavirus SARS-CoV-2 la situazione potrebbe cambiare drasticamente. Diversi esperti ritengono infatti che la stagione influenzale in arrivo potrebbe essere particolarmente dura, col rischio di generare ulteriore pressione sui sistemi sanitari già messi alla prova dalla COVID-19. Dunque come prepararsi al meglio contro questa situazione?

Innanzitutto va sottolineato che tra chi ha lanciato l'allarme su una potenziale, severa epidemia influenzale vi è il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). Sulla base dei dati raccolti, infatti, il ceppo maggiormente circolante nell'ultimo mese è l'A(H3N2), noto per colpire “in modo sproporzionato le persone anziane e associato a una minore efficacia del vaccino”, spiega l'ECDC. C'è il rischio dunque che soggetti fragili e anziani, in caso di contagio, possano andare incontro a un'infezione importante. Questo effetto potrebbe essere catalizzato non solo dal ceppo problematico e meno suscettibile al vaccino, ma anche dal fatto che per quasi due anni a causa delle restrizioni anti Covid siamo stati meno esposti ai patogeni respiratori. Il nostro sistema immunitario si è dunque “allenato di meno” e potrebbe risultare più suscettibile e vulnerabile ai virus respiratori. Il problema potrebbe essere particolarmente significativo per i bambini piccoli, come si evidenzia dalla diffusione delle infezioni da virus respiratorio sinciziale umano (RSV) negli Stati Uniti. Negli ultimi mesi le restrizioni anti Covid si sono ridotte; l'uso delle mascherine è stato limitato; le persone sono tornate a lavorare in ufficio e gli studenti a scuola. Tutto questo favorisce la circolazione dei patogeni respiratori, assieme alla stagione fredda che agevola – anche per questioni fisiologiche – le infezioni virali (vasocostrizione, sistema immunitario meno pronto e ridotto movimento delle ciglia delle alte vie respiratorie).

Secondo il recente studio “Predicting the impact of low influenza activity in 2020 on population immunity and future influenza season in the United States” dell'Università di Pittsburgh, se i vaccini influenzali dovessero avere la stessa efficacia degli anni passati, nei prossimi mesi negli Stati Uniti si registreranno circa 100mila ricoveri in più per l'influenza; questo dato suggerisce quanto possa essere più impattante la prossima stagione influenzale, che ogni anno provoca migliaia di vittime anche nel nostro Paese. Il vaccino antinfluenzale, nonostante la circolazione del ceppo problematico e un'efficacia non sempre elevatissima, resta comunque la prima e più preziosa arma di difesa. Esso non solo è caldamente raccomandato per i soggetti fragili che rischiano le conseguenze più severe (come ad esempio anziani, malati e donne incinte), ma anche per tutti coloro che sono a stretto contatto con queste persone e in linea generale a tutta la popolazione.

Un dato positivo arriva dall'Australia, dove la stagione influenzale – che precede sempre la nostra – si sta concludendo. È stata mite e dunque potrebbe esserlo anche da noi, al netto delle preoccupazioni dell'ECDC, ma questa situazione potrebbe anche rappresentare un'arma a doppio taglio. Come spiegato al New York Times dalla dottoressa Lisa L. Maragakis, direttrice della sezione Prevenzione delle infezioni presso il Johns Hopkins Health System, a causa della bassa circolazione potrebbe sfuggire al monitoraggio un ceppo virale che poi si manifesta con violenza nell'inverno boreale. I virus influenzali sono tanti e mutevoli; per questo i vaccini si basano su più antigeni e puntano a “prevedere” quali saranno i ceppi più diffusi. Ma una bassa circolazione in Australia potrebbe celare spiacevoli sorprese, che tuttavia possono comunque essere mitigate proprio grazie alla vaccinazione. Come sottolineato al NYT dal dottor Peter Palese, microbiologo ed esperto di influenza della Icahn School of Medicine del Mount Sinai a New York City, nonostante la potenziale bassa efficacia, il vaccino antinfluenzale resta comunque la migliore cosa che possiamo fare per proteggerci dall'influenza. “Questa è l'unica cosa che fa davvero la differenza”, ha sottolineato lo scienziato. A maggior ragione se si considera che alcuni studi preliminari – come “Induction of trained immunity by influenza vaccination – impact on COVID-19” – hanno osservato che il vaccino antinfluenzale potrebbe anche avere un effetto protettivo contro la COVID-19. Il momento migliore per ottenere la somministrazione della dose è entro la fine di ottobre/inizio novembre, dato che comunque servono un paio di settimane per generare una significativa risposta immunitaria. Se si tarda troppo si rischia di restare scoperti nella fase di grande circolazione virale, che comunque di solito raggiunge il suo picco nei primissimi mesi dell'anno successivo.

Il vaccino naturalmente non è l'unica arma che abbiamo a disposizione per proteggerci dall'imminente stagione influenzale. Le misure anti Covid sono state efficaci nel tenere a bada le altre infezioni respiratorie per oltre un anno e mezzo; perché non continuare a sfruttarle anche contro l'influenza, soprattutto alla luce del rischio che si prospetta più severa del normale? L'ECDC raccomanda dunque l'uso della mascherina, il mantenimento del distanziamento sociale e l'igiene certosina e costante delle mani, da curare con acqua e sapone o un gel idroalcolico. Per quando si è malati, inoltre, gli esperti raccomandano l'isolamento a casa; quante volte siamo andati a lavoro o a scuola pur avendo chiari sintomi di una sindrome parainfluenzale/influenzale? Spesso si pensa solo a se stessi e ai propri interessi – “ma sì, ho solo qualche colpo di tosse” -, eppure isolarsi è fondamentale per proteggere soprattutto le persone fragili, che raggiunte dal nostro virus potrebbero subire conseguenze molto gravi. La pandemia, dopo 5 milioni di morti (132mila dei quali in Italia) dovrebbe avercelo insegnato bene; ci si augura che questa forma di rispetto diventi la norma anche nei Paesi occidentali. In quelli orientali il rispetto per l'altro è alla base della convivenza civile e le mascherine venivano abitualmente indossate ben prima della pandemia di COVID-19. Per evitare di contrarre l'influenza e trasmetterla ad altri “incoraggerei le persone in questa stagione autunnale e invernale di aderire anche a tutte le misure sanitarie preventive”, ha chiosato al NYT la dottoressa Soniya Gandhi, medico specializzato in malattie infettive presso il Cedars-Sinai Marina del Rey Hospital.

46 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views