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Ci siamo sbagliati sulle scimmie: l’arroganza dell’uomo ha influenzato la scienza

Le ricerche gli ultimi decenni sulle scimmie non sono scientificamente corrette perché basate sul principio errato della superiorità dell’essere umano.
A cura di Zeina Ayache
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Decenni di ricerche scientifiche sull'intelligenza sociale delle scimmie sono da buttare via. Questo è quanto sostengono alcuni ricercatori che hanno pubblicato lo studio intitolato “The mismeasure of ape social cognition” sulla rivista Animal Cognition. Ma cosa significa?

Uomo e scimmia, chi è più intelligente? Da decenni l'essere umano si interroga sull'intelligenza sociale delle scimmie e lo fa mettendola a confronto con la sua, considerata, a prescindere, superiore. Il dottor Leaves, uno degli autori dello studio, ci spiega che “L'errore di questi decenni e della comprensione delle abilità delle scimmie è dovuta alla convinzione della nostra stessa superiorità che ha portato gli scienziati a creare che i bambini fossero socialmente più competenti delle scimmie adulte”. Insomma, vedendosi in cima all'albero evoluto, l'uomo ha esaltato sistematicamente le proprie abilità attribuendole anche ai bambini e discriminando a prescindere le scimmie.

Superiori a chi? Gli studi effettuati, sostengono i ricercatori, sono così influenzati dalle nostre convinzioni che anche quando una scimmia risulta ‘superiore' ad un giovane umano, noi interpretiamo questa superiorità come una conseguenza di inferiori abilità sociali. Eppure non ci sono vere e proprie evidenze scientifiche a sostegno di questa convinzione.

Errori del passato presenti. Non è la prima volta che l'essere umano si dimostra avventato nelle sue teorie di ‘superiorità intelletiva', ricordiamo infatti che fino a 10 anni fa gli scienziati erano certi che gli europei bianchi fossero i più intelligenti della nostra specie: ma su quali basi scientiche? Ancora una volta, nessuna.

E non è tutto. Oltre alle convizioni a priori, ciò che ci ha indotti in errore è stato anche il confronto non equo tra animali e bambini. In quest'ultimo caso infatti quelli presi in considerazione sono sempre stati bambini cresciuti in contesti non traumatici e abituati al modello comunicativo a cui venivano sottoposti, per quanto riguarda gli animali invece gli si chiede di adottare un modello comunicativo non specie-specifico (cioè non appartenente a quella specie) e i soggetti presi in considerazione spesso si trovano all'interno di zoo o strutture simili o cresciuti senza il sostegno materno.

Il futuro. I ricercatori sostengono dunque che per comprendere davvero le scimmi e la loro intelligenza, oltre a dover scendere dal piedistallo che ci siamo costruiti da soli, dovremmo modificare l'approccio delle ricerche:

  • Cross fostering – analizzando scimmie ‘adottate' da esseri umani che assumono quindi competenze comunicative simili alle nostre
  • Operazionismo radicale – giungere a conclusioni che siano misurabili obiettivamente
  • Allenamento – se vogliamo paragonare le scimmie agli umani, dovremmo prima far conoscere loro le esperienze e le abilità per le quali verranno testate, per i bambini infatti questo allenamento è del tutto spontaneo perché appartenente alla sua specie
  • Campioni – come dicevamo, bisognerebbe analizzare campioni dal passato simile, quindi non mettere a confronto bambini perfettamente educati e senza traumi con scimmie tolte alle cure materne e costrette in uno zoo.
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