Chi vive con un positivo ha una possibilità su dieci di ammalarsi di Covid
Un caso di Covid su dieci è dovuto alla trasmissione del virus da parte di un convivente. La nuova stima del rischio di contagio tra persone che vivono nella stessa casa arriva dai ricercatori del’Harvard Medical School di Boston, nel Massachusetts, che hanno determinato l’incidenza di casi tra adulti e bambini residenti allo stesso indirizzo di un caso indice.
Uno su dieci si ammala di Covid
L’indagine, i cui risultati completi sono stati pubblicati in una lettera di ricerca su Jama Network Open, ha preso in considerazione le cartelle cliniche elettroniche di oltre 7mila casi di Covid registrati tra il 4 marzo e i 17 maggio 2020 dal Mass General Brigham, la rete ospedaliera e ambulatoriale di Boston, e i soggetti a rischio identificati sulla base di tutte le persone registrate presso lo stesso indirizzo del caso indice. Complessivamente, a 7.262 casi indice sono state collegate 17.917 persone, di cui 1.809 hanno poi ricevuto una diagnosi di Covid-19. Questo ha permesso di calcolare un’incidenza complessiva del 10,1%, con un tempo mediano di diagnosi di circa 3 giorni.
Gli studiosi hanno inoltre osservato che i fattori indipendenti, associati a un rischio di trasmissione più elevato, includevano sia l’età superiore ai 18 anni, con un aumento di oltre tre volte del rischio nella fascia compresa tra i 50 e i 64 anni, sia la presenza di più patologie, tra cui l’ipertensione. Limitando poi l’analisi ai nuclei familiari formati da due persone, il rischio di trasmissione è aumentato al 13,8% rispetto al 10,1% dell’intero campione.
Percentuali che, indicano gli studiosi, sottolineano in ogni caso la necessità di misure di prevenzione all’interno di famiglie con pazienti Covid-19, in particolare nei soggetti a rischio più elevato. “Le migliori pratiche per ridurre la trasmissione tra familiari e conviventi rimane tuttavia un’area di significativa incertezza – ha affermato Joshua P. Metlay, responsabile della Divisione di Medicina Interna Generale del Massachusetts General Hospital e autore principale dello studio – . Sulla base dei dati provenienti dalle strutture ospedaliere – ha aggiunto a Healio Primary Care – , riteniamo che il distanziamento interpersonale, l’igiene delle mani e l’uso di mascherine contribuiscano alla riduzione del rischio durante la finestra di 10 giorni di presunta infettività dopo la diagnosi”.