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Chi guarisce da forme gravi di Covid ha un’immunità più forte e duratura

Lo indicano i dati di uno studio pubblicato su Science Immunology da un gruppo di ricercatori coordinato dagli esperti dell’Istituto di Immunologia di La Jolla: una malattia più lieve può portare a un fenomeno chiamato “esaurimento” delle cellule immunitarie che può ostacolare la capacità di costruire un’immunità a lungo termine.
A cura di Valeria Aiello
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Più la forma di Covid-19 è grave, più l’immunità è forte e duratura. Il nesso tra gravità della malattia e protezione dalle reinfezioni arriva da un gruppo di ricercatori coordinato dagli esperti dell’Istituto di Immunologia di La Jolla, in California, che insieme ai colleghi delle Università britanniche di Liverpool e Southampton hanno preso in esame la cosiddetta “immunità cellulare” e meglio nota come immunità cellulo-mediata, ossia la risposta regolata da cellule immunitarie, tra cui i linfociti T CD8+ già noti per essere fondamentali nel controllo delle infezioni virali. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Immunology, è il primo a descrivere nel dettaglio il ruolo di queste cellule nell’infezione da coronavirus Sars-Cov-2.

Gravità Covid e protezione dalle reinfezioni

I dati, spiegano i ricercatori, suggeriscono che “le persone con casi gravi di Covid-19 possono avere un’immunità a lungo termine più forte”. In particolare, gli studiosi evidenziano “l’enorme variabilità nel modo in cui l’organismo umano reagisce a una sfida virale” ha affermato il professor Christian Ottensmeier, co-leader dello studio e docente dell'Università di Liverpool attualmente sotto contratto presso l’istituto di Immunologia La Jolla.

Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione sia su i linfociti T CD8+ che svolgono la loro azione principalmente eliminando le cellule infettate, sia su uno specifico sottoinsieme, i linfociti T CD8+ della memoria, un particolare tipo di cellule in grado di ricordare per anni l’infezione e di auto-attivarsi in caso di una nuova esposizione al patogeno. Nello studio il team ha analizzato i campioni di sangue di 39 pazienti con Covid-19, di cui 17 con una forma di infezione lieve che non ha richiesto ricovero, 13 per cui si è reso necessario il ricovero in ospedale e 9 che hanno avuto bisogno del supporto dell’unità di terapia intensiva.

Variazione nell’espressione genica tra pazienti Covid-19 con forme gravi e lievi della malattia e analisi della regolazione dei geni della via NF-κB / Science Immunology
Variazione nell’espressione genica tra pazienti Covid-19 con forme gravi e lievi della malattia e analisi della regolazione dei geni della via NF-κB / Science Immunology

L’’analisi ha rivelato che le risposte delle cellule T CD8+ erano più deboli nei pazienti con casi di Covid-19 più lievi. Al contrario, le risposte delle cellule T CD8+ erano più forti nei pazienti che avevano sviluppato forme più gravi di malattia. “Esiste un collegamento inverso tra quanto male funzionano le cellule T e quanto è grave l'infezione” ha sottolineato Ottensmeier, ritenendo il risultato “abbastanza inaspettato” in quanto ci si attenderebbe di vedere una risposta più forte nei casi lievi. Tuttavia, nei casi più lievi sono stati osservati segni molecolari di un fenomeno chiamato “esaurimento” delle cellule T che si verifica quando, nel corso dell’attacco virale, queste cellule ricevono così tanti stimoli dal sistema immunitario da risultare meno efficaci nella loro funzione.

Sulla base di queste conclusioni, i ricercatori ritengono che sarà importante approfondire il fenomeno e studiare se l’esaurimento delle cellule T può ostacolare la capacità di costruire un’immunità a lungo termine. “Le persone che hanno una malattia grave alla fine presentano un buon numero di cellule della memoria – ha aggiunto il professore di LJI Pandurangan Vijayanand, co-leader dello studio – . Le persone con una malattia più lieve hanno comunque cellule della memoria, ma queste sembrano esauste e disfunzionali, quindi potrebbero non essere efficaci abbastanza a lungo”.

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