Cellule del pancreas da staminali, importante passo avanti nella cura del diabete
I risultati di nuova ricerca su cellule del pancreas sviluppate da staminali rappresentano un importante passo in avanti verso la cura del diabete di tipo 1. Fin dalla loro scoperta, le cellule staminali si sono rivelate una nuova speranza nello sviluppo di nuove opzioni terapeutiche e l’avanzamento delle conoscenze e delle prospettive di trattamento nel paziente diabetico ha ora condotto i ricercatori del Salk Institute di La Jolia, in California, a un sostanziale risultato.
Importante passo avanti nella cura del diabete
Il team del dott. Ronald Evans, che da anni lavora con le staminali allo sviluppo di cellule beta – quelle in grado di secernere insulina e che sono danneggiate nel diabete di tipo 1 -, si è concentrato su alcuni geni in grado di facilitare la maturazione necessaria alla produzione dell’insulina. Nello specifico, il gruppo di ricerca ha individuato un gene, wnt4, in grado di codificare una proteina che consente alle cellule di raggiungere la completa funzionalità e quindi di comportarsi in maniera analoga alle cellule beta presenti nel pancreas.
L’organoide ottenuto, una volta impiantato in modelli animali, ha funzionato in modo del tutto simile alle isole pancreatiche, secernendo insulina e controllando quindi i livelli ematici di glucosio. Oltre a ciò, al fine di prevenire il rigetto, i ricercatori hanno attivato un’ulteriore proteina, Pd-L1, che di fatto ha reso queste cellule "invisibili" al sistema immunitario. Nei 50 giorni successivi trapianto in topi diabetici, i cluster impiantati hanno controllato attivamente i livelli di glicemia e, in nessun roditore, si è verificato alcun rigetto.
I risultati della sperimentazione, descritti nello studio pubblicato su Nature, indicano “la possibilità di ottenere una schermatura dal sistema immunitario senza ricorrere a manipolazione genetica” ha commentato Michael Downes, coautore della ricerca. Ora il team spera di condurre più sperimentazioni su modelli animali, in modo da verificarne stabilità ed efficacia, e di dimostrare la sicurezza anche per l’uomo.