Bambini “su misura”: prevenzione o eugenetica?
Un uomo e una donna entrano in uno studio medico. Sono un po’ nervosi, ma determinati. Il medico che li attende seduto alla scrivania si presenta, li fa accomodare e chiede quali siano le loro preferenze. Bionda, occhi azzurri, magra, con un’intelligenza sopra la media, una predisposizione al talento musicale. Il medico annuisce, prende appunti sul suo laptop, quindi ricorda loro di prenotare anche “la serie completa di modificazioni genetiche collegate a potenziali problemi di salute”. Quindi presenta il preventivo. Oggetto della discussione è la futura figlia della coppia, realizzata attraverso un sofisticato processo di selezione genetica. Inizia così Mendicanti in Spagna di Nancy Kress, forse il più famoso romanzo di fantascienza sull’eugenetica. Fantascienza ieri, realtà oggi: perché la compagnia americana 23andMe con sede a Mountain View, in California, e fondata da Anne Wojcicki, moglie del co-fondatore di Google, Sergey Brin, ha registrato il brevetto numero 8543339, “Selezione del donatore di gameti basata su calcoli genetici”. Che secondo molti osservatori sarebbe il primo metodo in grado di realizzare bambini su misura.
Figli "à la carte" – L’azienda americana è già nota per essere in grado di realizzare il sequenziamento e l’analisi genomica in tempi record e a prezzi stracciati, appena 99 dollari a partire da un campione di saliva. Un’occasione che ha entusiasmato centinaia di migliaia di persone che si sono rivolte a 23andMe per conoscere la predisposizione genetica ad alcune malattie, tra cui la possibilità di sviluppare alcuni tipi di tumore, oltre al desiderio di conoscere la propria provenienza etnica. Il brevetto approvato lo scorso 24 settembre permette a due clienti di calcolare la probabilità che i propri futuri figli ereditino alcuni tipi di fenotipi e di caratteristiche genetiche. Tra queste ci sono anche il colore degli occhi, il tipo di cerume (secco o umido), la resistenza delle fibre muscolari, la percezione del gusto amaro, la tolleranza al lattosio, la reazione allergica all’alcol. In particolare il test permette a una donna di selezionare il donatore di seme in grado di assicurare le caratteristiche da tramandare al nascituro.
Prevenzione genetica – Inevitabile la levata di scudi da parte di bioeticisti, associazioni e anche legislatori. Simili test sono già stati dichiarati illegali sia in Canada che nel Regno Unito. Di fronte alle polemiche, la 23andMe ha rilasciato un comunicato in cui precisa i limiti del proprio brevetto. Presentato per la prima volta nel 2008, il metodo prevedeva delle caratteristiche che sono state poi abbandonate nel corso dei cinque anni trascorsi nel frattempo. “Non abbiamo in programma niente del genere”, precisa l’azienda in relazione alle accuse di eugenetica. Il test servirà piuttosto a prevedere in anticipo la possibilità che il nascituro erediti malattie genetiche o predisposizioni ad alcuni tipi di cancro, come quello al seno. Ma, a differenza dell’attuale diagnosi genetica pre-impianto (PGD) realizzata da centri anche italiani prima dell’impianto in utero in casi di fecondazione in vitro o assistita, che non permette di selezionare delle preferenze, 23andMe offre proprio questo servizio. Con l’aggiunta di alcuni fenotipi che non hanno nulla a che vedere con le malattie genetiche.
Dubbi bioetici – “Sarebbe davvero irresponsabile da parte di 23andMe offrire un prodotto o un servizio basato su questo brevetto”, sostiene il bioeticista Marcy Darnovsky del Center for Genetics and Society sull’edizione americana di Wired. D’altro canto, secondo alcuni sondaggi la percentuale di persone favorevoli all’uso di metodi per “progettare” la propria prole è in crescita. Lori Andrews, esperto di bioetica all’Illinois Institute of Technology, ricorda tuttavia che la programmazione genetica è in grado al massimo di fornire una predisposizione, mai una certezza assoluta. Anche per fenotipi semplici come il colore degli occhi, vi può essere una percentuale più o meno alta di realizzare l’aspettativa dei genitori, ma è anche probabile che il neonato abbia gli occhi castani della madre anziché quelli verdi del donatore di seme che la madre aveva selezionato. E di fronte alle aspettative deluse c’è da aspettarsi che qualcuno vorrà i soldi indietro, non potendo ridare indietro il bambino.