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Approvato in Italia il primo anticorpo monoclonale anti HIV: come funziona l’Ibalizumab

A partire dagli anni ’90 i farmaci antiretrovirali hanno migliorato in modo significativo la qualità della vita dei pazienti infettati dal virus dell’HIV, tuttavia in migliaia non rispondono alle cure a causa di ceppi multiresistenti. I trattamenti a base di anticorpi monoclonali come l’Ibalizumab possono supportare questi pazienti. Ora questa terapia a lunga azione è disponibile anche in Italia, grazie all’approvazione dell’AIFA.
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A cura di Andrea Centini
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L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato il primo anticorpo monoclonale a lunga azione contro il virus dell'HIV, responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). L'Ibalizumab è alla base di una terapia innovativa, pensata principalmente per supportare i pazienti che sviluppano resistenza ai farmaci antiretrovirali, grazie ai quali negli ultimi decenni è migliorata significativamente la qualità della vita dei sieropositivi. L'approvazione all'anticorpo monoclonale è giunta con una determina pubblicata nei giorni scorsi sulla Gazzetta Ufficiale, mentre l'annuncio è stato dato durante una conferenza del Congresso ICAR (Italian conference on Aids and clinical research) attualmente in corso di svolgimento.

Come indicato, l'Ibalizumab (nome commerciale Trogarzo) è un anticorpo monoclonale, ovvero una immunoglobulina semi-sintetica ingegnerizzata in laboratorio a partire da vere cellule, che viene infusa nei pazienti tramite somministrazione endovenosa. Nello specifico, la terapia messa a punto dalla casa farmaceutica taiwanese TaiMed Biologics – poi confluita in Genentech – è progettata per impedire il legame tra il virus dell'immunodeficienza umana (HIV) e i linfociti T CD4+. Attraverso questo meccanismo chiamato di “inibizione post attaccamento”, che coinvolge i corecettori CCR5 e CXCR4, l'anticorpo monoclonale va a ostacolare la trasmissione virale che si verifica attraverso la fusione fra cellule. In altri termini, l’anticorpo non blocca in modo diretto la replicazione dell'HIV, ma legandosi al recettore CD4 delle cellule T ne ostacola l'ingresso nelle cellule bersaglio.

Nello studio di Fase 3 “Forty-eight-Week Safety and Efficacy On-Treatment Analysis of Ibalizumab in Patients with Multi-Drug Resistant HIV-1” condotto da scienziati della Scuola di Medicina dell'Università di Yale (Stati Uniti) è stato dimostrato che l' Ibalizumab, in associazione ad altri trattamenti, ha determinato la soppressione del virus in circa il 60 percento dei pazienti, senza effetti collaterali significativi. La bassa tossicità e un meccanismo d'azione che riduce il rischio di dar vita a lignaggi dell'HIV resistenti sono tra i principali vantaggi delle terapie con gli anticorpi monoclonali.

La terapia a base di Ibalizumab, come indicato, è principalmente pensata per quei pazienti che hanno sviluppato resistenza ai farmaci antiretrovirali e non rispondono ai trattamenti standard. In base ai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) al mondo vi sono circa 40 milioni di malati di AIDS, con oltre 30 milioni di vittime da quando si è diffusa l'epidemia. C'è un numero sempre crescente di pazienti che sviluppa multiresistenza ai vari ceppi del patogeno, per i quali sono necessarie nuove terapie come quelle a base di anticorpi monoclonali. L'AIFA specifica che l'Ibalizumab, in associazione a uno o più farmaci antiretrovirali, “è indicato per il trattamento di adulti con infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV-1) resistente ai medicinali per i quali non sarebbe altrimenti possibile predisporre un regime antivirale soppressivo”. Trattandosi di un anticorpo monoclonale a lunga azione, esso rimane a lungo nell'organismo del paziente, garantendo un'efficacia prolungata come evidenziato dagli studi clinici.

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