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Anche se gli incendi sono dolosi, i cambiamenti climatici li stanno rendendo più distruttivi

Sebbene la maggior parte degli incendi sia causata dall’uomo, sia deliberatamente che involontariamente, i cambiamenti climatici giocano un ruolo fondamentale nel renderli sempre più estesi e devastanti. In taluni casi, inoltre, possono persino innescare tempeste di fulmini in grado di scatenare focolai ex noxo.
A cura di Andrea Centini
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Durante un intervento alla Camera dedicato alla grave situazione degli incendi in Italia, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani è stato chiaro e perentorio: il 70 percento dei roghi sul territorio nazionale è provocato dall'uomo. Ben il 57,4 percento di essi, ha specificato il fisico, è infatti doloso (cioè appiccato deliberatamente) e presenta più punti di innesco, come il devastante incendio che ha colpito la provincia di Oristano (Sardegna) nei giorni scorsi. Un altro 13,7 percento dei roghi è colposo, ovvero causato dall'uomo ma involontariamente, per negligenza o ingenuità, come lasciare l'auto con la marmitta rovente sulle sterpaglie secche, o magari accendere un fuocherello in condizioni di rischio – o del tutto illegali – e perderne totalmente il controllo. Cingolani ha specificato che soltanto il 2 percento dei roghi ha origine naturale, ciò nonostante ha ribadito con fermezza che i cambiamenti climatici giocano un ruolo fondamentale nel peggiorare la portata e la distruttività degli incendi.

L'impatto del riscaldamento globale sulla gravità degli incendi è facilmente intuibile. Come spiegano gli esperti, una singola ondata di calore estremo così come una tempesta particolarmente violenta possono essere “semplici” e sporadici fenomeni meteorologici, tuttavia quando si presentano con frequenza e maggiore intensità, allora siamo innanzi agli affetti dei cambiamenti climatici. In uno scenario mediterraneo in cui le estati sono già particolarmente roventi e si va incontro a ciclici eventi di siccità, il susseguirsi di giornate sempre più calde a causa dell'aumento delle temperature non fa altro che rendere la vegetazione sempre più secca e maggiormente predisposta a propagare le fiamme. Se a questo si aggiungono i venti caldi in grado di trasportare ceneri ardenti in alto e appiccare focolai anche a partire dalle chiome degli alberi, è semplice capire come i cambiamenti climatici possano agevolare l'estensione e la devastazione degli incendi.

Nello studio “Exacerbated fires in Mediterranean Europe due to anthropogenic warming projected with non-stationary climate-fire models” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature Communications da un team di ricerca italo-spagnolo guidato da scienziati dell'Università di Barcellona, ad esempio, attraverso varie simulazioni al computer è stato determinato che a causa dei cambiamenti climatici le aree divorate dagli incendi, in Europa, entro la fine del secolo potranno persino raddoppiare. Immaginate il devastante rogo che ha ucciso un gran numero di animali selvatici e domestici in Sardegna – tra cui molti cani legati alla catena – e moltiplicatelo per due. Le fiamme avrebbero potuto causare devastazioni estese anche nei centri abitati.

Ma i cambiamenti climatici possono anche appiccare "attivamente" gli incendi. Se infatti, come spiegato dal ministro Cingolani, l'autocombustione non si verifica di certo a una temperatura di 45° C, ma serve molto più calore, l'aria calda carica di energia delle ondate di calore estreme spiana la strada a fenomeni atmosferici particolarmente intense, come tempeste “secche” di fulmini che a loro volta possono attecchire nuovi focolari sulla vegetazione in sofferenza per la siccità prolungata. Se gli incendi sono particolarmente estesi e catastrofici, come il famigerato Bootleg Fire originato dall'infernale cupola di calore che ha colpito il Nord America tra la fine giugno e l'inizio di luglio, l'aria calda, l'umidità, il fumo e le ceneri proiettati in atmosfera possono originare dei mostruosi pirocumulonembi o cumulonembi flammagenitus (CbFg), ovvero "nuvole originate dalle fiamme" che possono appiccare nuovi incendi attraverso catastrofiche scariche di fulmini. Non c'è da stupirsi che la NASA le chiami "nuvole sputafuoco". Basti pensare a ciò che è avvenuto nella cittadina di Lytton, nella British Columbia canadese, distrutta da un incendio generato da un pirocumulonembo un paio di giorni dopo il raggiungimento del record storico di calore per il Canada, quasi 50° C.

Se dunque la mano criminale o irresponsabile dell'uomo è causa della maggior parte degli incendi, il cambiamento climatico può rappresentarne un vero e proprio catalizzatore, trasformando in un inferno di fuoco un rogo che magari in passato si riusciva a contenere in tempi relativamente brevi, senza la necessità di chiamare sul campo anche i canadair di altri Paesi, come avvenuto in Sardegna, dove sono intervenuti i mezzi aerei francesi. “C'è un quadro abbastanza chiaro: negli incendi che stanno devastando non solo l'Italia ma anche la Grecia, per esempio, ci sono situazioni molto simili e sono senza alcun tipo di ambiguità colpa dei cambiamenti clima e di fenomeni antropici”, ha chiosato il ministro Cingolani durante il suo intervento. Un recente studio italiano ha dimostrato che gli incendi non solo distruggono i boschi, ma sono anche in grado di inquinare i fondali del Mar Mediterraneo e gli animali che li popolano. Per tutte queste ragioni e molteplici altre è fondamentale contenere le emissioni di carbonio ed effettuare una rapida transizione verso le energie rinnovabili.

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