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Covid 19

Anche i contatti di un minuto possono esporre a rischio Covid-19

Lo indica un nuovo studio dei CDC statunitensi che ha portato l’agenzia federale ad aggiornare le linee guida sul tracciamento dei contatti: “Questo cambiamento sottolinea che anche le interazioni più brevi possono rappresentare un rischio quando si sommano per un totale di 15 minuti o più tempo nell’arco delle 24 ore”.
A cura di Valeria Aiello
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In molte persone si è consolidata l’idea che fino a quando le interazioni con gli altri sono di breve durata, il rischio di contrarre l’infezione da coronavirus rimarrà basso. Una nuova indagine dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), l’agenzia di controllo e prevenzione delle malattie degli Stati Uniti, ha però indicato che i contatti ripetuti possono rappresentare un rischio anche quando durano meno di un minuto. I risultati dello studio, pubblicati nel report settimanale su morbilità e mortalità dei CDC, hanno portato l’agenzia ad aggiornare le linee guida sul tracciamento contatti dei positivi a Covid-19.

Anche i contatti di un minuto possono esporre a rischio Covid-19

Fino ad oggi, i CDC hanno definito i contatti stretti come quelli che si verificano nei due giorni precedenti alla diagnosi di Covid-19, entro una distanza di circa 1,8 metri e della durata superiore ai 15 minuti. Le nuove linee guida, che forniscono informazioni alle agenzie sanitarie su come condurre il tracciamento dei contatti, indicano invece che chiunque si trovi a una distanza inferiore a 1,8 metri da un positivo “per un totale di 15 minuti o più tempo nell'arco di 24 ore” deve essere posto in isolamento.

Come premesso, la “correzione” arrivata dopo che i ricercatori dell’Epidemic Intelligence Service dei CDC e del Dipartimento della salute del Vermont hanno segnalato il caso di un agente di polizia penitenziaria colpito da Covid-19 dopo una serie di brevi incontri con alcuni detenuti che in seguito si è scoperto essere positivi al coronavirus. Nello specifico, durante il turno di 8 ore presso una struttura del Vermont, l’ufficiale carcerario ha avuto 22 interazioni con i detenuti, ciascuna di durata di meno di un minuto, per un totale di 17 minuti di esposizione. “Sebbene l'agente non abbia mai trascorso 15 minuti consecutivi alla distanza inferiore ai 1,8 metri da qualsiasi detenuto – riportano gli autori dello studio – si sono verificati numerosi incontri brevi (circa 1 minuto) che, cumulativamente, hanno superato i 15 minuti”.

L'agente, che durante gli incontri ha indossato sempre una mascherina in microfibra e occhiali protettivi, ha iniziato a mostrare i sintomi dell’infezione da coronavirus sette giorni dopo l’esposizione, tra cui perdita dell'olfatto e del gusto, naso che cola, tosse, mancanza di respiro e mal di testa. L’uomo, inoltre, ha segnalato di non aver avuto contatti con persone positive al di fuori della struttura penitenziaria e di non aver compiuto nessun viaggio nei 14 giorni precedenti all’insorgenza della malattia. “L’incidenza cumulativa di Covid-19 nella contea dove l'ufficiale risiede e dove si trova la struttura era relativamente bassa al momento dell’indagine (20 casi ogni 100.000 persone), suggerendo che le sue esposizioni più probabili si siano verificate attraverso i brevi incontri con i detenuti in seguito risultati positivi al tampone”.

I detenuti erano tutti asintomatici durante il turno dell’ufficiale ma hanno comunque trasmesso il virus, hanno aggiunto i ricercatori, sottolineando che “i funzionari della sanità pubblica dovrebbero considerare le implicazioni del rischio di trasmissione determinate dal tempo di esposizione cumulativo”.

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