Alzheimer, Parkinson e SLA: nuove speranze di cura dall’Italia partendo dalle proteine
Gli scienziati italiani sono riusciti ad identificare un nuovo approccio che potrebbe rappresentare una cura delle malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson e SLA: il tutto è possibile concentrandosi proprio sulle proteine. Vediamo insieme cosa hanno scoperto i ricercatori dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia che potrà aiutare i pazienti con malattie neurodegenerative.
Tutto parte dalle proteine. Gli esperti italiani dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia fanno sapere di essere riusciti ad identificare un sistema nucleare che è in grado di smistare e degradare le proteine danneggiate che entrano nel nucleo. La conclusione a cui sono arrivati gli scienziati sarebbe una dimostrazione di come le alterazioni nello smistamento e nella degradazione appunto delle proteine danneggiata da parte di specifici compartimenti nucleari, sia in effetti capace di influenzare negativamente la stabilità del nostro DNA tanto da crearci problemi di salute. La cura proposta dagli scienziati italiani vuole dunque puntare al mantenimento dell’equilibrio proteico nel nucleo, al fine di migliorare le stesse funzionalità dei compartimenti di smistamento: questo dovrebbe stabilizzare il genoma e, di conseguenza, contrastare l’invecchiamento e la progressione delle malattie neurodegenerative che sono legate all’invecchiamento, come Alzheimer e Parkinson.
Perché proprio queste malattie. Malattie come Alzheimer, di Parkinson, la Corea di Huntington, la Sclerosi Laterale Amiotrofica e la Demenza Frontotemporale hanno in comune l’accumulo di aggregati di proteine nelle cellule che possono essere o geneticamente mutate e associale a queste patologie, o sintetizzate ma, a causa di errori tipici del funzionamento cellulare, che persone lo loro stabilità aggregandosi e creando effetti potenzialmente tossici. “Le cellule del nostro organismo hanno evoluto dei sistemi di controllo che rilevano la presenza di queste proteine danneggiate e le rimuovono al fine di mantenere il buon funzionamento cellulare” spiegano gli esperti.