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Covid 19

Alcune varianti Covid resistono anche 40 volte agli anticorpi indotti dai vaccini Pfizer e Moderna

Lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato su Cell da un team di ricerca statunitense che ha misurato l’efficacia neutralizzante del siero di persone vaccinate nei confronti delle principali varianti in circolazione. Quella sudafricana ha mostrato di poter eludere in maniera significativa il riconoscimento da parte degli anticorpi neutralizzanti.
A cura di Valeria Aiello
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Particelle virali del coronavirus su una cellula. Credit: NIAID
Particelle virali del coronavirus su una cellula. Credit: NIAID
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Gli anticorpi indotti dagli attuali vaccini anti-Covid di Pfizer e Moderna sono meno efficaci nel neutralizzare alcune varianti di Sars-Cov-2, in particolare la sudafricana (B.1351), la giapponese (P.1) e la brasiliana (P.2). Lo indicano i risultati di un nuovo studio pubblicato su Cell dal team di ricerca del Ragon Institute di Cambridge, negli Stati Uniti, che ha coinvolto i ricercatori dell’Harvard University, del Massachussetts Institute of Tecnology (MIT) e del Massachusetts General Hospital (MGH).

"Variante anche 40 volte più resistente agli anticorpi"

Per l’indagine gli studiosi hanno sfruttato l’esperienza già maturata nella valutazione degli anticorpi contro l’HIV, analizzando in laboratorio la capacità neutralizzante del siero di 99 persone che hanno ricevuto una o entrambe le dosi dei di vaccino nei confronti di diverse varianti di Sars-Cov-2 in circolazione, tra cui quelle ritenute di maggiore preoccupazione – l’inglese (B.1.1.7), la danese (B.1.1.298), la californiana (B.1.429), la giapponese (P.1), la brasiliana (P.2) e la sudafricana (B.1.351), per la quale sono state inoltre analizzate tre ulteriori sottovarianti, designate v1, v2 e v3. Per ciascuna variante sono stati ottenuti pseudovirus di Sars-Cov-2, ovvero particelle simili al patogeno ma non infettive, frequentemente impiegate nello sviluppo di vaccini e in saggi di neutralizzazione.

Quando abbiamo testato queste nuove varianti – ha affermato Alejandro Balazs, professore del Ragon Institute e autore principale dello studio – abbiamo scoperto che i ceppi inizialmente identificati in Sudafrica erano 20-40 volte più resistenti alla neutralizzazione e che le varianti segnalate per la prima volta in Brasile e Giappone da 5 a 7 volte più resistenti rispetto al virus originario Sars-Cov-2”. Gli anticorpi neutralizzanti, ha spiegato Balazs, agiscono legandosi strettamente al virus, impedendogli di entrare nelle cellule e prevenendo così l’infezione.

Neutralizzazione di pseudovirus di varianti di Sars-Cov da parte del siero di persone che hanno ricevuto una o due dosi dei vaccini anti-Covid di Pfizer o Moderna / Cell
Neutralizzazione di pseudovirus di varianti di Sars-Cov da parte del siero di persone che hanno ricevuto una o due dosi dei vaccini anti-Covid di Pfizer o Moderna / Cell

Come una chiave in una serratura, questo legame si verifica solo quando la forma dell’anticorpo e la forma del virus sono perfettamente abbinate l’una all’altra”. Se la forma del virus cambia nel punto in cui l’anticorpo si lega – nel caso di Sars-Cov-2, a livello della proteina Spike – allora l’anticorpo potrebbe non essere più in grado di riconoscere e neutralizzare il virus, pertanto il virus viene definito come resistente alla neutralizzazione. “In particolare – ha aggiunto Wilfredo Garcia-Beltran del Dipartimento di Patologia del Massachusetts General Hospital e primo autore dello studio – abbiamo scoperto che le mutazioni a livello di una parte specifica della proteina Spike, chiamata dominio di legame al recettore (RBD) hanno maggiori probabilità di aiutare il virus a resistere agli anticorpi neutralizzanti”.

Preoccupa la variante sudafricana

Nel dettaglio, la variante sudafricana (B.1.351), risultata la più resistente, presenta tre mutazioni nel dominio di legame al recettore (RBD), tra cui tra cui K417N / T, E484K e N501Y, che possono aver contribuito all’elevata capacità di eludere il riconoscimento da parte degli anticorpi. La neutralizzazione, tra l’altro, è risultata significativamente inferiore nelle persone che avevano ricevuto una sola dose di vaccino (o dopo i primi sette giorni dalla seconda dose), come mostrato anche nel grafico su riportato. L’analisi ha inoltre incluso altri due coronavirus, Sars-Cov responsabile della pandemia di Sars del 2002-2004, e WIV1-Cov, un coronavirus dei pipistrelli, nei confronti dei quali la capacità neutralizzante degli anticorpi dei vaccinati è risultata paragonabile a quella della variante B.1.351.

Attualmente, tutti i vaccini Covid-19 approvati inducono lo sviluppo di una risposta immunitaria, che comprende anche la risposta anticorpale. “D’altra parte – precisa Balazs – il corpo ha altri metodi di protezione immunitaria oltre gli anticorpi, pertanto i nostri risultati non significano necessariamente i vaccini non prevengano la malattia ma solo che la porzione di anticorpi della risposta immunitaria potrebbe avere problemi a riconoscere alcune di queste nuove varianti”.

È quindi possibile che gli attuali vaccini – basati sulla sequenza della proteina Spike del virus wild type identificato a Wuhan, in Cina – forniscano comunque benefici clinici contro la variante sudafricana e quella brasiliana, riducendo le forme sintomatiche di Covid e in particolare lo sviluppo di forme gravi, sebbene i dati dello studio non confermino direttamente questa possibilità. “Capire quali mutazioni hanno maggiori probabilità di consentire al virus di eludere l’immunità derivata dal vaccino può aiutare i ricercatori a sviluppare vaccini di nuova generazione, in grado di fornire protezione contro le nuove varianti – concludono gli studiosi – . Questo può anche aiutare i ricercatori a sviluppare metodi di prevenzione più efficaci così come vaccini che funzionano contro un’ampia varietà di varianti, indipendente dalle mutazioni”.

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