Abbiamo due orologi nel cervello che ci fanno predire il futuro: ecco come funzionano
Ritmo ed esperienze passati, questi sono i nostri due orologi che abbiamo nel cervello e che ci permettono di predire il futuro e quindi di compiere i normali gesti della vita quotidiana: ma cosa succede quando uno smette di ‘funzionare'? E come influenzano la nostra vita? Scopriamolo insieme grazie allo studio della University of California – Berkeley intitolato “Double dissociation of single-interval and rhythmic temporal prediction in cerebellar degeneration and Parkinson’s disease” e pubblicato su PNAS.
Due orologi e un cervello. Quando premiamo il piede sulla frizione prima di cambiare marcia stiamo mettendo in atto un comportamento anticipatorio, cioè un gesto che predice prima del tempo un'azione che dovremo fare: sappiamo infatti che stiamo per raggiungere il numero di giri massimo per quella marcia prima di dover inserire la seguente. Ma come ci riusciamo? Grazie a due orologi che abbiamo nel cervello: uno collegato alle memorie delle esperienze passate e uno legato al ritmo. Il funzionamento di entrambi è ciò che ci permette di muoverci nel mondo ogni giorno.
La scoperta dei due orologi. I ricercatori ci spiegano che le connessioni neurali a supporto di questi orologi si suddividono in due differenti parti del cervello, a secondo del compito da svolgere: il ganglio, collegato al tempo ritmico, e il cervelletto, collegato invece alle esperienze passate. Entrambe le regioni solo associate al movimento e alla cognizione.
Gli studi sul Parkinson. Gli esperti hanno dunque osservato il comportamento di questi due orologi in persone con il morbo di Parkinson e con degenerazione del cervello. Ai soggetti è stato chiesto di guarda una serie di immagini di forme geometriche colorate di rosso, bianco e verde mostrate su uno schermo ad intervalli di tempo e di premere un pulsante alla vista del quadrato verde, consapevoli della sequenza predefinita rossi, bianco, verde. In un altro studio gli esperti hanno mostrato le immagini con intervalli diversi tra il quadrato, verde e bianco. Dai dati raccolti è emerso che le persone affette da degenerazione del cervelletto rispondevano bene al primo test, mentre quello con Parkinson rispondevano adeguatamente al secondo test. Insomma, chi soffre di degenerazione del cervelletto ha più difficoltà con l'orologio che gestisce le esperienze passate, mentre chi soffre di Parkinson con quello collegato al ritmo.
A cosa serve lo studio. I ricercatori sostengono che quanto scoperto possa gettare le basi per nuovi trattamenti non farmacologici utili ad allenare il cervello in caso di deficit in uno o nell'altro orologio del nostro cervello.