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Covid 19

A Roma meno casi di Milano, Pregliasco: “Tante ipotesi, ma la differenza è tutta da capire”

Il virologo dell’Università degli Studi Milano a Fanpage.it: “Le epidemie si allargano a macchia d’olio dall’epicentro ma le traiettorie di diffusione sono legate a vari aspetti. È anche un caso come da un focolaio più concentrato si formino degli spezzoni incendiari che, a loro volta, hanno ciascuno una diversa probabilità di diffondersi dovuta a condizioni socio-ambientali di vicinanza”.
Intervista al Prof. Fabrizio Pregliasco
Virologo, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell'Università degli Studi di Milano
A cura di Valeria Aiello
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Nella regione più colpita dal coronavirus si continuano a contare cifre a tre zeri mentre nelle altre non si supera la decina. Anche ieri, il dato giornaliero dei nuovi positivi indica che più della metà dei casi italiani è riferita alla Lombardia, con un rapporto tra positivi e individui testati nettamente al di sopra dei giorni precedenti. “C’è però un elemento importante – spiega Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano – . I “nuovi” casi sono in realtà nuove diagnosi di situazioni che all’inizio della pandemia non si era in grado di individuare. Parliamo di quelle forme meno gravi, magari asintomatiche o con sintomi lievi, che si evidenziano con una capacità di tracciamento molto sistematico e che, probabilmente, nel breve periodo porterà a una riduzione consistente del dato complessivo, quindi a valori che in qualche modo siano più rassicuranti. Il trend è comunque oggettivamente e continuativamente in discesa in tutta Italia, anche in Lombardia”.

Il calo però è lento. Vuol dire che il virus circola ancora?

Questo sì, è evidente, purtroppo. Ma è anche vero che siamo passati da una fase epidemica a una fase endemica, cioè a una presenza del virus nella comunità che è continua e può avere sbalzi esponenziali.

Come nel Lazio?

Esatto. Quello che può capitare si è visto nel Lazio. Cioè che si sviluppino dei focolai che, dall’indagine epidemiologica che ha coinvolto moltissimi contatti, sono riconducibili alla situazione dell’IRCSS San Raffaele di Roma. Si è quindi verificato quello che dovremo affrontare anche nel prossimo futuro, con la capacità di individuare questi focolai e, in qualche modo, dividerli.

Tornando alla Lombardia, ci sono grandi differenze tra le diverse province. La situazione peggiore si è registrata a Cremona, con 183 contagi ogni 10mila abitanti, poi a Lodi, Bergamo e Brescia. È andata invece meglio a Varese, con 43 casi ogni 10mila abitanti. Nella provincia di Milano che, con oltre 23mila casi, in numeri assoluti ha il dato peggiore, i casi sono 73 ogni 10mila abitanti. Cosa può aver influenzato la diversa circolazione?

Le traiettorie di diffusione dall’epicentro possono essere legate a vari aspetti, sia lavorativi, sia relativi ai trasporti e di densità delle attività lavorative. Le epidemie si allargano a macchia d’olio con dei passaggi che vedono degli incendi magari legati a persone che si spostano. È quindi veramente un caso come da un focolaio più concentrato, dove sicuramente la diffusione in comunità è legata all’epicentro, si formino degli spezzoni incendiari che, a loro volta, hanno ciascuno una probabilità di diffondersi sulla base di condizioni socio-ambientali di vicinanza. Un po’ come accaduto a Vo’ Euganeo, ricorda? La persona che ha portato il contagio in Veneto era stata a Codogno, a una mostra di materiale agricolo, e poi era andata in un bar di Vo’ dove aveva incontrato i poveri anziani di cui era amico. Ha quindi creato degli incendi che poi si diffondono in modo variegato.

Un’altra differenza significativa si vede tra le principali città italiane, come tra Milano e Roma. Nonostante i tanti treni che prima del lockdown collegavano ogni giorno queste due città e anche i due turisti cinesi che a fine gennaio sono risultati positivi nella Capitale, il coronavirus non ha colpito allo stesso modo. A Roma si sono verificati circa 2.800 casi su oltre 2,8 milioni di abitanti, quasi 100 ogni 100mila residenti, mentre nel capoluogo lombardo sono oltre 10mila su 1,3 milioni, all’incirca 780 casi ogni 100mila abitanti. Come è possibile?

È vero, questo non è facile da spiegare e non è semplice riuscire a individuare queste traiettorie. Credo che a Milano ci sia stata una penetrazione del virus più ampia, magari legata a situazioni ambientali e lavorative più stanziali, senza un coinvolgimento importante dei viaggiatori Milano-Roma. Probabilmente, rispetto ad altri, alcuni contesti hanno avuto una maggiore possibilità di diffusione, ma questa è davvero solo un’ipotesi. È chiaro che questa differenza è ancora tutta da capire.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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