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Covid 19

A giorni richiesta d’approvazione per il vaccino di Pfizer: prime dosi attese entro metà dicembre

Il colosso farmaceutico statunitense Pfizer ha annunciato che a giorni depositerà la richiesta per l’uso di emergenza (EUA) del proprio vaccino anti COVID, BNT162, che ha dimostrato di avere un’efficacia del 95 percento. Qualora l’FDA dovesse approvarlo, le prime dosi potrebbero essere distribuite già entro le prime due settimane di dicembre.
A cura di Andrea Centini
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La corsa al vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2 potrebbe presto avere un “vincitore”: si tratta della preparazione BNT162 sviluppata dalla casa farmaceutica Pfizer in collaborazione con la società di biotecnologie tedesca BioNTech. Il colosso americano, infatti, ha annunciato in un comunicato stampa che a giorni depositerà la richiesta per l'uso di emergenza (EUA – Emergency Use Authorization) presso la Food and Drug Administration (FDA), l'agenzia federale statunitense deputata alla regolamentazione di farmaci, prodotti alimentari e terapie sperimentali. Qualora il vaccino candidato ottenesse l'approvazione, sarebbe il primo in assoluto a tagliare la linea del traguardo, tenendo presente che lo “Sputnik V” messo a punto dal Gamaleya Research Institute – approvato dal Ministero della Salute russo – e l'Ad5-nCov della cinese CanSino prodotto con il Beijing Institute of Biotechnology – approvato dal governo cinese per l'uso di massa sui militari – non hanno ancora concluso l'iter sperimentale di Fase 3.

L'annuncio di Pfizer e BioNTech è arrivato 9 giorni dal lancio di un primo comunicato nel quale era stata indicata un'efficacia di BNT162 del 90 percento, sulla base di un'analisi preliminare dei dati. Quella conclusiva ha fatto balzare l'efficacia al 95 percento, superando di uno 0,5 percento l'efficacia del vaccino candidato mRNA-1273 sviluppato dalla società di biotecnologie Moderna Inc. in stretta collaborazione col National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) guidato dall'immunologo di fama internazionale Anthony Fauci. Entrambi i vaccini candidati si basano su una tecnologia ad acido ribonucleico messaggero (mRNA). In parole semplici, nei pazienti viene somministrato un gene sintetico con l'informazione della proteina S o Spike del coronavirus, quella che il patogeno sfrutta per legarsi alle cellule umane e avviare il processo di replicazione e infezione (COVID-19), spingendo i ribosomi – gli organuli responsabili della sintesi proteica – a produrre le proteine virali. Una volta circolanti, il sistema immunitario le riconosce e sviluppa anticorpi per attaccarle e neutralizzarle, sviluppando immunità contro il patogeno. La principale differenza tra i due vaccini risiede nel fatto che quello di Pfizer va conservato a – 70° C, con potenziali problemi di logistica (trasporto e infrastrutture adeguate), mentre per quello di Moderna sono sufficienti – 20° C. Il primo, tuttavia, ha una dose di principio attivo inferiore di circa un terzo rispetto al secondo (30 milligrammi contro 100), e anche questo aspetto può avere un impatto sulla distribuzione.

Qualora la Food and Drug Administration dovesse approvare rapidamente il BNT162 per l'uso di emergenza, le prime dosi per gli operatori sanitari americani dovrebbero essere somministrate già entro le prime due settimane di dicembre. Un record assoluto dopo meno di un anno di lavoro, considerando che per autorizzare un nuovo vaccino, in media, come sottolineato a fanpage dal professor Fabrizio Pregliasco ci vogliono 6 – 8 anni, e spesso ne passano molti di più. Ma per tempi straordinari come quelli di una grave pandemia, servono soluzioni straordinarie. Recentemente la FDA ha approvato per l'uso di emergenza anche il primo farmaco espressamente creato contro la COVID-19, l'anticorpo monoclonale LY-CoV555 (nome commerciale bamlanivimab) sviluppato dalla casa farmaceutica Eli Lilly.

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