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Verso un vaccino contro l’epatite C

Gli sviluppi nella lotta contro il virus HCV nel lavoro che coinvolge i ricercatori delle università di Oxford e Federico II di Napoli.
A cura di Redazione Scienze
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Illustrazione rappresentante la struttura del virus HCV
Illustrazione rappresentante la struttura del virus HCV

Secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si stima che nel mondo ci siano circa 180 milioni di individui infettati cronicamente dall'Hepatitis Virus C (HCV). A differenza dei virus responsabili delle epatiti A e B, per l'HCV non esiste un vaccino approvato: per questa ragione la sua diffusione fa ancora di questa malattia una grave minaccia per salute globale. Recentemente diversi farmaci sviluppati si sono dimostrati molto efficaci contro diversi ceppi di epatite C: tuttavia questi medicinali sono molto costosi e richiedono prolungati periodi di trattamento per funzionare. La possibilità di avere un vaccino potrebbe fare davvero la differenza nella prevenzione delle infezioni da HCV. per questo motivo un gruppo di ricercatori, provenienti dalla britannica Oxford University  e dalla Federico II di Napoli, è da tempo a lavoro sul caso: in un paper recentemente pubblicato da Science gli studiosi hanno annunciato come gli esiti della sperimentazione di un vaccino contro l'HCV, sviluppato dall'azienda biotech italiana Okairos, siano stati positivi ed incoraggianti.

Prime fasi di sperimentazione sull'uomo

Il vaccino si è dimostrato sicuro e ben tollerabile nei 15 volontari in buona salute che hanno preso parte alla prima fase di sperimentazione: adesso, però, è appena all'inizio la seconda fase del trial che prevede la verifica dell'efficacia del farmaco. Il vaccino sarà quindi somministrato nell'organismo di alcuni consumatori abituali di droga per via endovenosa già individuati in due diversi siti degli Stati Uniti: è la prima volta che un potenziale vaccino per l'epatite C raggiunge questa avanzata fase di sperimentazione. Appurata l'assenza di effetti collaterali gravi, quindi, il prossimo obiettivo consiste nell'appurare se il farmaco, al confronto con alcuni placebo, è in grado di offrire una adeguata protezione dall'infezione da HCV in persone a più alto rischio di trasmissione. Per il momento la risposta immunitaria osservata nei volontari in buona salute è apparsa di una rilevanza senza precedenti, ha sottolineato la Professoressa Ellie Barnes: proprio per questo il National Institute of Health statunitense ha autorizzato il trial clinico di fase due su un campione, questa volta, più ampio. Adesso bisognerà procedere, sperando di aver finalmente preso la giusta direzione.

Come funziona il vaccino contro l'epatite C

La strategia messa a punto dai ricercatori si serve di due distinte formulazioni di vaccino. L'approccio prevede in primo luogo la stimolazione di una iniziale risposta immunitaria contro il virus dell'epatite C, attraverso la prima somministrazione. Poi, otto settimane dopo, il secondo vaccino punterà a incrementare tale risposta ad un livello in grado di offrire protezione contro l'infezione. In particolare, il vaccino è stato studiato per generare una forte reazione contro l'HCV nei linfociti T, poiché proprio queste cellule del sangue sono state osservate svolgere un ruolo significativo nel controllo del virus.

L'epatite C è un'infezione cronica, che spesso si presenta asintomatica per anni, riconosciuta come causa della cirrosi epatica e che può portare in alcuni casi a sviluppare cancro al fegato o disfunzioni epatiche. In ogni caso, nella prima infezione, circa una persona su quattro riesce naturalmente a contrastare il virus, eliminandolo definitivamente dall'organismo: questa totale risoluzione naturale ha portato i ricercatori a pensare che esistesse già, nel nostro sistema immunitario, la capacità di combattere l'infezione. Lo studio sui 15 volontari ha riscontrato, in effetti, un'ampia risposta nei linfociti T contro le diverse parti del virus, comparabile a quella già osservata nelle persone che naturalmente hanno sconfitto il virus. Tuttavia non è ancora noto il livello di reazione dei linfociti T necessario a prevenire completamente l'infezione: a questa domanda, ci si augura, risponderà soltanto la nuova fase della sperimentazione, i cui risultati dovrebbero giungere nel 2016.

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