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Verso il dispostivo che legge le voci interiori

Brian Pasley, coordinatore del progetto, spiega: “quando leggi, senti come una voce nella tua testa: stiamo cercando di decodificarla”.
A cura di Redazione Scienze
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Potrebbe trattarsi dell'invenzione che riesce a ridare la parola a persone immobilizzate o paralizzate. Come riporta il New Scientist, un team di ricercatori dell'Università californiana di Berkeley ha elaborato un algoritmo capace di decodificare parte dell'attività cerebrale, in modo tale da poter leggere le voci interiori che ascoltiamo quando il nostro pensiero assume una forma discorsiva. Brian Pasley, coordinatore del progetto, ha spiegato che "quando leggi un giornale o un libro, senti come una voce nella tua testa: stiamo cercando di decodificare l'attività cerebrale correlata a quella voce, con l'obiettivo di creare una protesi che permetta di parlare a chi è paralizzato o immobilizzato". Gli studiosi sono partiti dall'analisi di sette volontari sottoposti a un trattamento di chirurgia dell'epilessia.

Il campione preso in esame è stato sottoposto all'analisi dell'attività cerebrale durante la lettura silenziosa del testo, lasua esposizione ad alta voce e l'ascolto di diversi testi e canzoni. Un raffronto tra le diverse situazioni ha permesso ai ricercatori di individuare attività cerebrali simili in occasione del ripetersi, nella lettura e nell'ascolto, degli stessi suoni. Lo sviluppo ulteriore di questa ricerca potrebbe dunque condurre alla creazione di un software capace di trasmettere oralmente le "voci interiori". Stephanie Martin, una delle ricercatrici che sta lavorando al progetto, ha riconosciuto che "abbiamo ottenuto risultati significativi, ma non sono ancora sufficienti perché venga creato un dispositivo".

Insomma, la messa in pratica di questi studi è ancora di là da venire, ma si tratta di una ricerca che, sommata ad altre, motiva a ragione le speranze di chi si augura di poter tornare a parlare, seppure con l'aiuto di una protesi. Sempre alla Berkley gli studiosi approfondirono l'attività del cervello nei pazienti affetti da afasia, mentre l'anno prima, nel 2010, i ricercatori della Utah University riuscirono a "leggere il pensiero" per messaggi semplici quali sì e no, fame e sete, caldo e freddo.

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