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Un italiano su cinque è convinto di avere un’allergia alimentare

Ma ad essere realmente allergico è soltanto il 4,5% della popolazione: di chi è la responsabilità?
A cura di Nadia Vitali
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C'è un grosso "equivoco" relativo alle allergie e alle intolleranze alimentari sul quale la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) ha deciso di intervenire, stilando un documento condiviso con l'obiettivo di fare chiarezza sulla materia. Assieme alle  principali società scientifiche di Allergologia e Immunologia Clinica (Siaaic, Aaito e Siaip), la FNOMCeO ha presentato il documento nell'ambito di un convegno tenutosi a Milano.

Allergie percepite e allergie reali

Nel volgere di pochissimi anni ci siamo scoperti un po' tutti (o quasi) intolleranti: quindi o abbiamo a che fare con un fenomeno sottoposto ad un aumento esponenziale o, piuttosto, la sensibilità nei confronti del problema deve aver subito delle alterazioni, agevolate anche dalla ossessiva attenzione nei confronti del cibo (che non c'è neanche bisogno di spiegare in quali fenomeni di massa si è tradotta) tipica della nostra società.

Già da diversi si registra una vistosa differenza tra la percezione dell'allergia alimentare da parte della popolazione e l'incidenza reale del fenomeno: sostanzialmente circa il 20% degli italiani sostiene di avere un'allergia alimentare a fronte di una prevalenza che si aggira attorno al 4,5% nella popolazione adulta e del 10% in quella infantile.

Il documento nasce così dall'intento di fare chiarezza e di «scardinare un meccanismo di informazione errato che propone falsi miti», spiega Marco Caminati della Società italiana di Allergologia, Asmae Immunologia clinica nell'articolo diffuso dalla federazione.

Cosa è diventata oggi l'intolleranza

La confusione, infatti, è presente non soltanto nella popolazione generale ma anche nella stessa classe medica, dice Beatrice Bilò dell'Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri: una confusione globale, che va dall'uso improprio dei termini all'approccio diagnostico scorretto, fino alla gestione pratica superficiale.

L'allergia alimentare è dovuta ad una reazione immunologica mediata dagli anticorpi di tipo IgE e si manifesta con sintomi ben precisi che vanno dalle bolle di orticaria, difficoltà respiratoria, disturbi gastro-intestinali, abbassamento della pressione, fino allo shock anafilattico vero e proprio con perdita di coscienza. Le intolleranze alimentari provocano a volte sintomi simili a quelli delle allergie (di tipo gastrointestinale), ma non sono dovute ad una reazione del sistema immunitario, bensì a meccanismi diversi come ad esempio deficit di specifici enzimi (intolleranza al lattosio). – M. Beatrice Bilò

Un'abitudine fin troppo frequente, invece, è quella che di recente vede includere nel termine "intolleranza" i sintomi più disparati che un paziente può lamentare, dal vomito ai dolori gastrici e addominali, dalla difficoltà a dimagrire fino alla vera e propria avversione psicologica nei confronti del cibo. Insomma, l'intolleranza ha visto ormai il proprio campo semantico estendersi a dismisura, in maniera decisamente inappropriata.

Diete "fai da te"

Questa mancanza di accuratezza nella diagnosi e, quindi, nel trattamento può essere un rischio, qualora i sintomi siano spia di altri problemi o nel caso in cui si opti per una dieta "fai da te" che punti all'eliminazione radicale dell'alimento giudicato colpevole sulla base di una ipersensibilità auto-diagnosticata (un fenomeno sempre più ricorrente e che, relativamente al caso del glutine, è stato ben illustrato in questo articolo di VICE).

La disinformazione è a questo proposito molto dannosa. L’utilizzo indiscriminato di metodiche diagnostiche per le quali non esiste una comprovata validità scientifica, come autodiagnosi da parte del paziente o anche di medici non esperti del settore, può portare non solo ad un danno economico cospicuo per gli stessi pazienti ma anche a gravi ripercussioni sulla loro salute. Ho avuto bambini che, sulla base dell’esito di alcuni test di intolleranza, sono stati sottoposti a diete ristrette che hanno causato loro significativi deficit nutrizionali ed adolescenti, soprattutto giovani donne, nelle quali l’ipotetica intolleranza alimentare con conseguente dieta ristretta ha slatentizzato disturbi molto seri del comportamento. A questo può aggiungersi infine il rischio di un ritardo diagnostico di patologie più gravi perché erroneamente considerate “intolleranze alimentari".

Il problema dei test

Tra i principali responsabili di questa situazione c'è, senza dubbio, una crescente offerta di metodologie diagnostiche non scientificamente corrette, già sottoposte a valutazione clinica attraverso diversi studi che ne hanno rilevato la non validità. Negli ultimi anni, infatti, si è diffuso il ricorso, da parte di molti pazienti, a test “alternativi” che si proporrebbero di identificare, attraverso metodiche diverse da quelle scientifiche tradizionali, allergie ed “intolleranze” alimentari; test che – manco a dirlo – possono essere anche piuttosto costosi. Alcuni esempi: test del capello, test della forza muscolare, Vega test, test citotossico, biorisonanza, pulse test, solo per citare i più diffusi. Le procedure in questione erano già state segnalate una decina d'anni fa in un documento dell'AAITO come inaffidabili ma evidentemente questo non ha posto un argine al problema, tutt'altro. Da qui la necessità di intervenire ulteriormente, collaborando con la FNOMCeO.

Le allergie alimentari sono realmente in aumento?

Al pari delle altre malattie allergiche, anche quelle alimentari sono aumentate negli ultimi decenni, in effetti: ma a questo dato si è accompagnata anche la crescita di una sorta di timore di massa di esserne affetti troppo spesso infondato. Molte persone, sulla base di informazioni "per sentito dire" o "lette da internet", attribuiscono i sintomi più diversi «ad improbabili allergie ed intolleranze alimentari e in questo vengono talora assecondate da medici poco preparati sull'argomento o peggio talora in mala fede, dato che impiegano test diagnostici non validati, o frequentemente già dichiaratamente riconosciuti inefficaci, e non ultimo spesso costosi» ha spiegato Mauro Calvani della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica.

Il documento sarà inviato a tutti i medici italiani e pubblicizzato attraverso convegni con lo scopo di sgombrare definitivamente il campo dall'equivoco il più possibile.

[In apertura: immagine via flickr di Austin Kirk]

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