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Tar Sands: l'Europa respinge il petrolio dell'Alberta, responsabile della distruzione della foresta boreale

Le sabbie bituminose dell’Alberta in Canada stanno diventando la maggior fonte di petrolio degli Stati Uniti. L’estrazione del petrolio con le tecniche di cui parleremo, però, genera un dispendio energetico, oltre che inquinante, 3 volte superiore a quanto avviene “normalmente”.
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tar sands

Si chiamano sabbie bituminose, o tar sands, e sono una combinazione di bitume, argilla, acqua e, appunto, sabbia. Dai giacimenti di sabbie bituminose, che si trovano in Canada così come in Venezuela, è possibile estrarre bitume di qualità simile al petrolio che attraverso un processo di raffinazione può essere facilmente assimilato a quest'ultimo. Estrarre il bitume vuol dire utilizzare tecniche molto dannose per l'ecosistema, come il vapore e i solventi: è quanto sta succedendo in Alberta, nella regione a nord del Canada, dove la foresta boreale è ormai invasa dal blob petrolifero.

Complice la crisi delle risorse di petrolio, infatti, l'estrazione del bitume nella regione canadese avviene secondo logiche molto dispendiose e inquinanti. Nello specifico, il metodo del vapore fa uso di una quantità molto ampia di gas naturale utilizzato per riscaldare l'acqua che, poi, viene mescolata per separare il petrolio dalla sabbia. In particolare, pare che  la quantità di anidride carbonica rilasciata attraverso quest'operazione sia  5 volte superiore a quella che viene fuori durante i metodi di estrazione normali.

La questione dell'Alberta è sotto i riflettori americani ormai da tempo. Soltanto da poco, invece, le tar sands cominciano ad interessare l'Europa: il petrolio estratto senza rispettare l'ambiente, infatti, potrebbe venire presto esportato anche nel Vecchio Continente. Sarà proprio il Parlamento Europeo, infatti, a dover decidere se bloccare o meno l'esportazione del petrolio  delle tar sands canadesi, attraverso l'approvazione o meno della direttiva sulla qualità del combustibile.

Inutile dire che gli interessi in gioco sono tanti: le sabbie bituminose riescono a far produrre agli Usa una quantità ingente di petrolio; si parla di circa 1,1 milioni di barili al giorno provenienti dalle tar sands dell'Alberta. Nel marasma confuso di notizie che Wikileaks ha tirato fuori dal cilindro sugli Usa, è venuto fuori che Obama e il governo statunitense conoscono bene i rischi per l'ambiente connessi a quest'operazione. Ciononostante sembrano non preoccuparsene, o semplicemente non curarsene. Dopo un intervento pubblico in cui il Presidente Americano sottolineò la pericolosità del progetto, ha preferito non tornare più sull'argomento, mentre le foreste boreali continuano ad essere messe in ginocchio.

Inoltre, è da sottolineare che  gli Stati Uniti dovranno sforzarsi ulteriormente, in tema di investimenti sulle infrastrutture per il trasporto del petrolio. I riferimenti sono chiari e riguardano Keystone XL pipeline, il maxi oleodotto atto a trasferire il semilavorato dal Canada fino al Golfo del Messico; in tale maniera i volumi di greggio in ingresso negli Usa e derivati dalle tar sands aumenterebbero in maniera notevole. Se da un lato tale azione permetterebbe di mantenere buoni i rapporti commerciali tra Canada e Usa (in assenza del greggio dell'Alberta gli Usa dovrebbero far riferimento alle risorse asiatiche), dall'altro il progetto è fortemente osteggiato dalle associazioni ambientaliste che temono, qualora fosse mai possibile, per una deriva ancor più catastrofica dell' ecosistema della foresta boreale.

proteste in Alberta

In Italia le vicende del "petrolius orribilis" sono state portate alla ribalta dall'azienda britannica Lush, che si occupa di produzione e distribuzione di prodotti cosmetici  freschi e fatti  a mano con frutta e verdura biologica. Per informare sullo scempio dell'Alberta da sabato scorso fino al 26 giugno nelle botteghe Lush sarà possibile informarsi sulle iniziativa e firmare una cartolina da inviare al Parlamento Europeo, affinché vieti ai Paesi dell'Unione l'approvvigionamento di petrolio canadese. Inoltre, al fine di sostenere l'organizzazione non profit IEN – Indigenous Environmental Network, in questa settimana Lush venderà in edizione limitata "Oro nero": un bagnoschiuma/melassa nero al profumo di liquirizia, terribilmente appiccicoso ma completamente naturale. L'evento clou dell'iniziativa si è tenuto sabato: in tutti i Lush point alle 16 una vera e propria performance ha catalizzato l'attenzione dei passanti: alcuni commessi sono stati cosparsi di "oro nero" per simulare il disastro dell'Alberta che ha causato la distruzione del polmone verde canadese.

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