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Super memoria? Basta "spegnere" una molecola del cervello

Inibendo una proteina coinvolta nel meccanismo di risposta immunitaria, la PKR, è stato notato un notevole incremento delle capacità mnemoniche e di apprendimento; la scoperta potrebbe aprire a nuovi orizzonti nello studio di terapie per i disturbi della memoria.
A cura di Nadia Vitali
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Inibendo una proteina coinvolta nel meccanismo di risposta immunitaria, la PKR, i ricercatori hanno notato un notevole incremento delle capacità mnemoniche e di apprendimento,  la scoperta potrebbe aprire a nuovi orizzonti nello studio di terapie per i disturbi della memoria.

Agire sui processi di apprendimento, potenziandoli ed incrementando così la memoria, semplificando notevolmente alcuni aspetti dell'esistenza? A qualcuno potrebbe sembrare un sogno e, invece, stando a quanto scoperto dai ricercatori del Baylor College of Medicine di Houston, in Texas, coordinati da Mauro Costa-Mattioli, basterebbe agire su una molecola.

Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista Cell, ha analizzato la funzione della Proteina Chinasi R, molecola coinvolta nel meccanismo di risposta immunitaria dell'organismo; il team si è concentrato su un aspetto fino ad ora ritenuto secondario di PKR, ovvero sulle caratteristiche alterazioni della proteina che presentano le persone affette da disturbi cognitivi, approfondendone, dunque, la funzione nei mammiferi.

Da qui l'idea di inibire il gene responsabile della sintesi della proteina in alcuni topolini a cui sottoporre, successivamente, dei test comportamentali. Immediatamente i ricercatori hanno notato un notevole aumento nell'eccitabilità dei neuroni a cui ha corrisposto un miglioramento nei processi di apprendimento e, dunque, una maggiore memoria: avendo il compito di trovare l'uscita da una piattaforma circolare posta all'interno di una vasca grazie a dei segnali luminosi, i topi normali hanno ripetuto più volte nel corso di diversi giorni il percorso, mentre gli animali «privati» di PKR dopo solo una sessione già ricordavano perfettamente la strada.

L'attività sinaptica, che consente il passaggio di informazioni tra un neurone e l'altro, subisce, dunque, un notevole incremento allorché l'interruttore della molecola viene «spento»: secondo quanto osservato dagli studiosi questo avverrebbe a causa dell'aumento dell'attività di altre proteine, gli interferoni di classe gamma, anch'essi coinvolti nei meccanismi di risposta immunitaria. Gli stessi hanno evidenziato che non è indispensabile ricorrere al silenziamento dei geni: per ottenere il medesimo effetto è sufficiente utilizzare una molecola che blocca l'attività della PKR.

Dunque è possibile creare un portentoso farmaco per la memoria, in grado di rimediare a tutte le nostre dimenticanze e, perché no, di renderci più disposti ad apprendere rapidamente? Naturalmente, lo scopo della ricerca non è quello di incrementare le capacità di individui sani, bensì lo studio e lo sviluppo di nuovi possibili orizzonti terapeutici per quanti sono affetti da patologie che comportano la perdita progressiva dei ricordi: sarebbe un grande passo avanti non solo per i malati di Alzheimer ma anche per tutti coloro che soffrono di amnesie o che hanno la memoria compromessa a causa dell'età avanzata.

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