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Si stringe il cerchio intorno alla materia oscura

Sempre meno probabilità che la materia oscura dell’universo sia costituita dalle WIMP, particelle massicce sulle cui tracce sono i ricercatori dei Laboratori del Gran Sasso.
A cura di Roberto Paura
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Nella scienza, anche scoprire che qualcosa non esiste ha la sua importanza. I teorici elaborano di continuo modelli che devono essere verificati in laboratorio, e soprattutto nel campo della fisica la teoria anticipa quasi sempre la sperimentazione. E non è detto che poi, andando a cercare quello che i fisici avevano predetto, si scopra quello che ci si aspettava. L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) rivela infatti che diminuiscono le possibilità di trovare le WIMP, un nome che indica tutta una serie di particelle mai osservate, ma ipotizzate dagli scienziati, che potrebbero costituire la materia oscura: quella materia che costituirebbe circa il 20% dell’universo, ma sulla cui natura continuiamo a brancolare – letteralmente – nel buio.

Grosse e invisibili: cosa sono le WIMP

Il termine WIMP è un acronimo che tradotto significa “particelle massicce debolmente interagenti”. Interagiscono pochissimo con il resto della materia che conosciamo, un po’ come i neutrini, che possono penetrare interi pianeti senza essere assorbiti e proseguendo indisturbati la loro corsa nell’universo; ma, a differenza dei neutrini, che praticamente non hanno massa, le WIMP dovrebbero avere una massa davvero significativa per costituire quel 30% della “massa mancante” dell’universo. Dei neutrini sappiamo che ce ne sono un’infinità, ma “pesano” così poco che non possono esserci loro dietro la materia oscura. Le WIMP invece avrebbero una massa fino a diverse migliaia di volte la massa del protone, che tra le particelle elementari che costituiscono la materia ordinaria è la più pesante. Naturalmente, stiamo parlando sempre di una frazione infinitesimale di grammo. Ma mettete insieme trilioni e trilioni di WIMP, e il gioco è fatto.

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Per trovarle, ci sono due possibilità. O frugare nello spazio dal di fuori del nostro pianeta, mandando in orbita un satellite-rivelatore che possa analizzare con maggiore precisione le particelle provenenti dallo spazio e cercare tra loro tracce di materia oscura – ed è il caso di AMS-02, lanciato l’anno scorso; o andare nelle viscere della Terra e aspettare che le WIMP si facciano trovare lì, dove tutte le altre particelle vengono invece assorbite entro pochi metri di profondità. E ai laboratori dell’INFN al Gran Sasso, dove si studiano i parenti leggeri delle WIMP, i neutrini, si fa esattamente questo. Lì, la collaborazione internazionale XENON, che gestisce il rivelatore di particelle XENON100, sta facendo passi da gigante nella caccia alla materia oscura.

Una vasca sotto il Gran Sasso

Già l’anno scorso, la collaborazione XENON aveva annunciato di aver ristretto significativamente la percentuale di possibilità di trovare le WIMP, grazie al perfezionamento della sensibilità dei suoi rivelatori. Ora, è stato annunciato un risultato con una sensibilità 3,5 volte superiore a quella dell’anno scorso, che stringe sempre più il cerchio intorno a queste particelle. Il nome del rivelatore deriva dal fatto che si tratta di una grande vasca contenente 62 chili di xeno liquido a una temperatura di -91°C. La vasca si trova sotto il massiccio del Gran Sasso – ben 1400 metri di roccia – ed è ulteriormente schermata dalle radiazioni di fondo provenienti dallo spazio grazie a strati di rame, polietilene, piombo e acqua. Se le WIMP esistono, dovrebbero colpire i nuclei di xeno producendo un “lampo” che i rivelatori possono registrare con facilità.

ams-02

Tra il 2011 e il 2012 – ha annunciato l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, fiore all’occhiello della ricerca italiana recentemente colpito dai tagli della spending review – sono stati accumulati 225 giorni di raccolta dati con una sensibilità più elevata grazie al fondo radioattivo più ridotto, che quindi interferisce di meno con i rivelatori, evitando i “falsi positivi”. Quest’anno ce ne sono stati solo due, compatibili – spiegano i fisici – “con l’attesa di un evento dovuto alla radioattività di fondo”. Quindi, niente WIMP. O almeno, niente WIMP di 50 GeV, la massa media prevista per queste particelle. Non è detta l’ultima parola, certo, perché queste particelle oscure potrebbero essere ancora meno interagenti con la materia di quanto ipotizzato. Ma prossimamente entrerà in funzione il XENON1T, dieci volte più grande dell’attuale rivelatore, e allora il cerchio si stringerà ancora di più.

Si tratta di una “scoperta” importante anche per i ricercatori del Cern di Ginevra, dove è stato scoperto il bosone di Higgs. E questo perché le migliori candidate per le WIMP sono le cosiddette “particelle supersimmetriche”, previste da una teoria molto in voga, la supersimmetria, ma finora ancora non individuate nell’acceleratore LHC. I dati del Gran Sasso costituiscono un altro grave colpo alla solidità della teoria, e rilanciano le quotazioni degli altri candidati al ruolo di materia oscura, senza contare le tesi di chi sostiene che dopotutto la materia oscura potrebbe anche non esistere, ed essere piuttosto l’effetto di un nostro errore di valutazione.

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