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Scene di vita quotidiana al tempo dei Sumeri

La campagna di scavo condotta dagli archeologi italiani in Iraq ha riportato alla luce reperti che narrano dell’esistenza di una popolazione vissuta migliaia di anni fa, con tanto di analogie con la contemporaneità.
A cura di Nadia Vitali
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la vita quotidiana al tempo dei sumeri

Quel che prima di ogni altra cosa potrebbe essere in grado di restituire dignità e forza ad un Paese martoriato dalla dittatura prima e dalla guerra poi è la cultura; se poi la terra in questione è stata la culla di una delle civiltà più ricche, affascinanti ed antiche dell’intera storia dell’umanità, il discorso è ancor più valido. Gli archeologi dell’Università di Roma Sapienza sono alla loro seconda campagna di scavo nell'Iraq meridionale, nel sito di Abu Tbeirah, nei pressi di quella Nasiriya divenuta tristemente nota in anni recenti; e, come l’anno scorso quando il gruppo guidato dall'assirologo Franco D’Agostino riportò alla luce la tomba che venne ribattezzata “del piccolo principe”, anche in quest’occasione non sono mancati i rinvenimenti di reperti eccezionali.

Oggetti in grado di restituire piccoli ritratti della vita di un tempo, all'incirca tra 2.400 e 2.200 anni fa, quando veniva fondata da Sagon il Grande la più antica dinastia a vocazione imperialista tra quelle che ci sono note, attorno al centro di potere che sarebbe stata la capitale Akkad; un’epoca di cui gli stessi studiosi conoscono molto poco. Spiega infatti D'Agostino:

Reperti che raccontino la vita del tempo erano praticamente inesistenti per il semplice fatto che le campagne di scavo che ci hanno preceduto risalivano agli anni ’60, quando i sistemi di datazione e le tecnologie applicate alla ricerca archeologica erano di tutt'altra precisione rispetto a oggi.

Mutati i tempi, anche l'archeologia beneficia del progresso tecnologico: grazie ai rilievi satellitari, infatti, gli esperti hanno identificato un'altura che spicca rispetto al pianoro su cui è stata condotta la gran parte degli scavi. Il rilievo, che si estende per circa 43 ettari, si direbbe artificiale ed appare agli studiosi come una città ancora tutta da scoprire con tanto di costruzioni e canali. Le stesse immagini satellitari hanno consentito di identificare nell'area nordorientale dell'area il muro perimetrale di un edificio; lì sono stati riportati alla luce i principali reperti, incluse alcune sepolture che, in casi del genere, possono fornire una incredibile quantità di informazioni utili a ricostruire frammenti di una storia perduta. Particolarmente degna di nota una tomba in cui sono stati rinvenuti due individui uno dei quali, disarticolato, posto ai piedi dell'altro; esami antropologici hanno dato modo di verificare che si trattava di due persone imparentate ed accomunate dalla medesima malformazione di origine genetica, inumate assieme in una sorta di sepolcro di famiglia.

Ma quello che maggiormente stupisce sono senza dubbio i reperti di uso quotidiano come una stuoia risalente a circa 4.200 anni fa, ancora perfettamente conservata: la trama delle canne intrecciate è ancora ben visibile così come i fori che servivano per l'inserimento di pali al fine di utilizzare la stuoia come una copertura. Quel che più ha catturato l'attenzione degli studiosi è stato il metodo di realizzazione a cui ricorsero questi uomini di millenni fa, il medesimo che si può ancora osservare nelle Marshlands, zone paludose poste a sud dell’Iraq presso il delta del sistema fluviale mesopotamico: lì, ancora oggi, quelle stuoie sono la copertura o la pavimentazione dei Mudhif, dimore costruite con fasci di canne.

Infine, merita senza dubbio una menzione speciale il piatto all'interno del quale erano ancora integre le lische del pesce che vi era stato mangiato: resti organici, un'autentica rarità per l'archeologia, che hanno rivelato come le modalità di cottura sarebbero le stesse che ancora oggi vengono messe in pratica per cucinare le carpe pescate nel Tigri e nell'Eufrate; lì, in quella terra oggi e sventurata, dove nacque e fiorì la civiltà dei Sumeri.

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