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“Riclassifichiamo l’LSD per conoscerne le potenzialità terapeutiche”

È la proposta di uno psichiatra britannico che ricorda come gli studi condotti fino al 1967 sulle sostanze psichedeliche ne abbiano evidenziato le qualità nell’ambito medico.
A cura di Nadia Vitali
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La psilocibina e la dietilammide dell’acido lisergico sono due sostanze le cui qualità sono state abbondantemente sfruttate nell'ambito della ricerca clinica, in particolare psichiatrica, soltanto fino al 1967: sì, perché in quell'anno vennero messe definitivamente al bando e non poterono più essere utilizzate per la ricerca medico-scientifica. Se non immaginate il perché e i nomi non vi dicono niente chiariamo subito che la psilocibina è presente nei cosiddetti “funghetti” allucinogeni, mentre la dietilammide -25 dell’acido lisergico è più nota come LSD.

Potenzialità di psilocibina ed LSD

Il 1967 segnò un vero e proprio momento di svolta negli studi, dal momento che vennero abbandonate strade già inaugurate e seguite da centinaia di paper universitari che avevano sperimentato su centinaia di migliaia di pazienti quelli che sembravano essere i benefici delle due sostanze psichedeliche su molteplici disturbi psichiatrici, dai problemi nello sviluppo della personalità all'ansia esistenziale. La ricerca sembrava aver identificato e documentato alcune importanti applicazioni delle sostanze: ma evidentemente non venne tenuta in considerazione nel momento in cui si formalizzò il divieto.

Adesso alcuni scienziati sembrano intenzionati a fare pressione sul Governo affinché quella messa al bando venga eliminata e si possa ricominciare a studiare il potenziale uso medico-scientifico di quelle che, attualmente e da quasi cinquant'anni, sono soltanto delle “droghe per sballarsi”. Se effettivamente è stato già verificato in passato come possano funzionare contro ansia e depressione, e se si considera quanto questi problemi siano in crescita in Europa, si intuisce l’urgenza espressa dalle pagine del British Medical Journal di riclassificare le sostanze psichedeliche.

La messa al bando: una scelta politica?

Autore dell’articolo è James Rucker, psichiatra del King’s College London, che non manca di sottolineare alcuni interessanti aspetti politici di quel divieto ricordando come nel 1992 John Ehrlichman, in passato assistente di Richard Nixon, il presidente americano che intensificò la lotta contro le droghe negli anni ’70, ammise notoriamente che l’amministrazione aveva mentito a proposito degli effetti pericolosi delle droghe ed aveva manipolato l’informazione per ottenerne dei vantaggi politici. Il risultato, visibile ancora adesso, è che nell'ambito medico-scientifico le restrizioni riguardanti le droghe psichedeliche sono più pesanti di quelle su cocaina ed eroina.

Applicazioni terapeutiche

Eppure, spiega il professor Rucker, non esistono prove del fatto che tali sostanze creino dipendenza mentre è stato ampiamente dimostrato che la loro assunzione, in circostanze controllate, produce significativi miglioramenti su specifiche patologie. Certo, i trial degli anni ’50 e ’60 non erano del tutto identici a quelli odierni: tuttavia diversi controlli di buona qualità vennero portati avanti. Questi sono serviti ad osservare, ad esempio, come i trattamenti a base di acido lisergico aiutino a combattere brutte dipendenze come quella dall'alcol.

Oltretutto studi pilota più recenti (condotti al di fuori del Regno Unito) hanno dimostrato che le sostanze psichedeliche sembrano efficaci nel combattere l’ansia grave associata ad un cancro allo stadio avanzato, il disturbo ossessivo compulsivo, il tabagismo, la terribile cefalea a grappolo.

Il problema, però, è che lavori del genere non possono essere portati avanti in quasi tutto il mondo occidentale. Ed è per modificare questo stato di cose che il professor Rucker si batte, pur sottolineando, dalle pagine della prestigiosa rivista, che si tratta di una opinione personale.

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