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Perché le costruzioni romane durano più delle nostre? Il segreto è nel super calcestruzzo

Grazie ad approfondite indagini condotte con i raggi X i ricercatori hanno scoperto che la grande resistenza delle costruzioni portuali di epoca romana è legata all’azione del moto ondoso sul calcestruzzo.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca americano dell'Università dello Utah e del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) ha scoperto il segreto dell'incredibile resistenza del calcestruzzo romano, e in particolar modo di quello delle strutture portuali, che ancora oggi si trovano in buono stato nel nostro Paese. Secondo gli studiosi, coordinati dalla professoressa Marie Jackson, docente di geologia e geofisica presso l'ateneo di Salt Lake City, l'ingrediente chiave di tale resistenza risiede proprio nel moto ondoso, che infiltrandosi ha permesso nel corso del tempo la formazione di minerali (rari) con una composizione cristallina in grado di rinforzare la matrice cementificata.

Lo studio, non il primo condotto sul tema dagli stessi ricercatori, è partito dalla passione della professoressa Jackson per l'Italia e i suoi monumenti, dei quali si innamorò durante il proprio anno sabbatico. Durante il viaggio si interessò ai tufi e ai depositi di cenere vulcanica, e successivamente spostò la propria attenzione nel ruolo giocato da queste sostanze nella creazione del calcestruzzo romano e della sua iconica resistenza. Grazie ad analisi di carotaggi condotte in passato, tutte effettuate in seno al progetto ROMACONS tra il 2002 e il 2009, Jackson e colleghi individuarono un minerale estremamente raro, la tobermorite alluminosa (Al-tobermoritico), che è molto complesso da ottenere anche in laboratorio, a causa delle temperature elevate.

Con la nuova ricerca, suffragata da analisi ai raggi X al Berkley Lab, gli studiosi hanno scoperto che questo minerale è associato ad altri cristalli – come zeolite e phillipsite – che hanno contribuito a indurire il calcestruzzo, prodotto attraverso un processo chiamato reazione pozzolanica. Secondo Jackson e colleghi tutti i cristalli sarebbero originati dallo scioglimento della cenere vulcanica ad opera dell'acqua marina, che in pratica col passare del tempo ha rinforzato lo ‘scheletro' delle strutture.

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Purtroppo la ricetta originale del calcestruzzo romano è andata perduta, e i ricercatori stanno cercando di ottenere un materiale con analoghe proprietà per la costruzione di specifiche strutture a contatto con l'acqua. Si tratterebbe di un prodotto con un impatto ambientale decisamente inferiore rispetto a quello del cosiddetto cemento Portland (il più utilizzato in edilizia), soprattutto per le emissioni di anidride carbonica, dato che per produrre quest'ultimo servono forni ad alta temperatura. Senza dimenticare che il moderno calcestruzzo è molto meno resistente di quello prodotto in epoca romana. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata American Mineralogist.

[Foto di Università dello Utah]

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