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Pentecopterus, lo scorpione gigante dei mari preistorici

Un metro e ottanta di altezza, un corpo corazzato e voraci arti per afferrare le proprie prede.
A cura di Nadia Vitali
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Rappresentazione artistica dello scorpione gigante (fonte: Patrick Lynch/Yale University)
Rappresentazione artistica dello scorpione gigante (fonte: Patrick Lynch/Yale University)

I suoi resti sono rimasti nascosti fino al 2010 nel cratere di un meteorite presso l'Upper Iowa River; poi i geologici dell'università dell'Iowa hanno iniziato a riportarli alla luce grazie ad una diga temporanea del fiume che ha consentito di esplorare l'area. Assieme ai ricercatori dell'università di Yale hanno così potuto ricostruire l'aspetto di una specie fino ad allora sconosciuta: il Pentecopterus, uno scorpione gigante dei mari preistorici vissuto 467 milioni di anni fa.

Con un'altezza ragguardevole di un metro e ottanta, una grossa testa corazzata, il corpo allungato, due grandi ed avidi arti pronti ad afferrare prede, il Pentecopterus avrebbe potuto incutere un certo timore se un essere umano se lo fosse trovato davanti. Ma stiamo parlando di un animale del periodo Ordoviciano, epoca ben distante dalla comparsa dell'uomo sulla Terra.

Pentecopterus, le cui caratteristiche sono state descritte in un articolo pubblicato da BMC Evolutionary Biology, rappresenta il più antico esponente noto del gruppo degli euripteridi, artropodi di acqua dolce e salata del Paleozoico considerati gli antenati delle moderne aragoste. Il suo nome richiama quello delle pentecontere, navi dell'antichità greca utilizzate per la guerra o per il commercio.

Nel ricchissimo sito di Winneshiek ne sono stati trovati due esemplari in ottimo stato, un adulto ed uno giovane, consentendo così agli studiosi di avere accesso ad una immensa quantità di dati relativi allo sviluppo di questa specie ma anche degli euripteridi i quali, spiegano i ricercatori, devono essersi evoluti dieci milioni di anni prima di quanto pensato fino ad oggi, a giudicare da questa ultima scoperta. «Il sito di Winneshiek è un ritrovamento straordinario» dice con entusiasmo Derek Briggs, paleontologo di Yale e coautore dell'articolo, spiegando che i fossili sono stati conservati da un deposito di sedimenti dove il mare ha inondato un cratere di cinque chilometri di diametro causato dall'impatto di un meteorite.

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