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Nuove prospettive terapeutiche per l’Atrofia Muscolare Spinale

Le sperimentazioni cliniche ancora in corso di due distinti farmaci potrebbero aprire a nuovi scenari nella lotta contro la malattia genetica nota come SMA.
A cura di Nadia Vitali
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nuove prospettive terapeutiche per l atrofia muscolare spinale

È di pochi giorni fa la notizia secondo la quale il colosso farmaceutico americano Pfizer avrebbe stipulato un accordo con la Repligen al fine di mettere a punto e sviluppare una terapia sperimentale che preveda l’utilizzo di RG 3039, composto giudicato in grado di intervenire per colmare il deficit di origine genetica che è alla base della malattia nota come Atrofia Muscolare Spinale (SMA): nei prossimi mesi verranno reclutate le prime coorti di volontari per quella che sarà la fase II del trial. La fase I è terminata, infatti, lo scorso aprile quando i risultati della sperimentazione eseguita su 32 volontari sani hanno messo in evidenza la buona tollerabilità del farmaco e l’assenza di episodi gravi, o degni di nota, correlati alla sua somministrazione.

Le speranze per RG 3039 contro un’insidiosa malattia

L’atrofia muscolare spinale è una malattia ereditaria di cui esistono quattro diverse forme (grave, cronica, lieve, dell’età adulta) distinte a seconda dell’età in cui iniziano a manifestarsi i primi sintomi; a causarla è l’alterazione o la mutazione di un gene, SMN 1, normalmente addetto alla produzione di una proteina dalla quale dipende il corretto funzionamento dei neuroni motori. Benché esista un secondo gene molto simile a SMN 1, chiamato SMN 2, il fatto che esso sia presente anche nei pazienti affetti da SMA non è sufficiente a bilanciare la mancanza: tuttavia, SMN 2 produce comunque una quantità di proteina in grado di far funzionare correttamente buona parte delle cellule dell’organismo umano, eccezion fatta per i motoneuroni che, così, condannano i muscoli volontari ad una più o meno graduale atrofia.

pfizer

RG 3039 interviene proprio per correggere la mancanza della proteina di sopravvivenza del motoneurone (SMN): le sperimentazioni eseguite su cellule derivate dai pazienti hanno documentato l’effettivo aumento nella produzione di SMN, mentre sui modelli animali è stato addirittura riscontrato un miglioramento complessivo nei motoneuroni, nella mobilità e nella durata della vita della cavia. Dopo la prima fase sperimentale, in cui lo studio è stato eseguito in cieco (i volontari non erano a conoscenza del tipo di trattamento ricevuto) e single ascending dose, ora sarà compito dei ricercatori ampliare il campione per procedere nel trial e verificare se i primi incoraggianti risultati apriranno la strada, finalmente, ad una vera cura.

Procede parallelamente la messa a punto di un altro rimedio farmacologico il cui nome è ISIS – SMNRx: dopo un primo studio di sicurezza portato a termine lo scorso anno, con il 2013 sono iniziati i reclutamenti di 24 giovanissimi pazienti (con volontari, di ambo i sessi, di età compresa tra i 2 e i 15 anni) ai quali verrà somministrato, direttamente nel fluido cerebrospinale, un farmaco denominato “antisenso” in grado di incrementare i livelli di proteina SMN. I test, condotti dai ricercatori della Columbia University Medical Center di New York e della University of Utah School of Medicine di Salt Lake City, prevedono una durata complessiva di 36 settimane e serviranno a valutare sicurezza, tollerabilità e la funzionalità di dosi crescenti di ISIS – SMNRx dopo una prima fase di sperimentazione a dose singola.

Prospettive dalle staminali

shinya yamanaka

Le cellule staminali pluripotenti indotte rappresentano la nuova strada lungo la quale la medicina del futuro inizia a muovere i propri passi: aumentano sempre più i laboratori nei quali si applicano i risultati della scoperta valsa il Nobel per la medicina a Shinya Yamanaka. Un articolo pubblicato lo scorso dicembre da Science Translation Medicine, a firma di un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano, espone i risultati di una terapia genica applicata a soggetti affetti da SMA: grazie a cellule ricavate dagli stessi pazienti, successivamente differenziate in motoneuroni, il gruppo guidato da Giacomo Comi e Stefania Corti è riuscito a correggere in laboratorio le staminali; successivamente impiantate in modelli animali malati hanno originato un visibile miglioramento nella sintomatologia con il conseguente prolungamento dell'esistenza delle cavie di circa il 50%. Un primo inizio, probabilmente, al quale dovranno far seguito accurate sperimentazioni, nella speranza di aver finalmente individuato una via da seguire contro una patologia la cui incidenza media è stimata, per tutte e quattro le sue forme, nell'ordine di un soggetto affetto da SMA ogni diecimila nati e che, nelle sue manifestazioni più gravi, colpisce bambini di pochi mesi o pochi anni di vita.

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