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Nel 2014 le emissioni di anidride carbonica non sono aumentate

E, per la prima volta, la responsabilità non è di una crisi economica. Forse stiamo imparando a produrre inquinando di meno? È ancora troppo presto per dirlo.
A cura di Nadia Vitali
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Per la prima volta il 2014 ha fatto registrare due dati apparentemente contrastanti: da una parte, la crescita della produzione; dall'altra nessun aumento nelle emissioni di CO2. Lo afferma un comunicato diffuso dall'Agenzia Internazionale dell’Energia. E già c'è chi parla di una svolta epocale. Diciamo che forse bisognerebbe essere un po’ più cauti con questi ottimismi: in primo luogo perché un anno da solo non dice molto, c’è bisogno di verificare che sia in atto una tendenza e per quello ci vorrà ancora un po’ di tempo. In secondo luogo perché il fatto che non ci sia stato un incremento nell'anidride carbonica non dovrebbe farci dimenticare che, comunque, il Pianeta continua ad essere in affanno a causa di emissioni, deforestazione, acidificazione degli oceani e distruzione di habitat e specie in ogni suo angolo (per non parlare, poi, di cambiamento climatico e riscaldamento globale).

Emissioni stabili per il 3% di produzione in più

In ogni caso, si può aprire ad una equilibrata fiducia, con la speranza che anni di meeting, progetti e programmi internazionali stiano iniziando a dare qualche piccolo, timido germoglio. L’organizzazione, che ha sede a Parigi, ha infatti sottolineato che negli ultimi 40 anni di raccolta dati relativi all’anidride carbonica l’aumento delle emissioni ha subito una battuta di arresto (con uno stallo o addirittura una diminuzione) soltanto in tre occasioni, tutte associate a crisi globali di matrice economica. In primo luogo nei primi anni ’80, al tempo della recessione americana; poi nel 1992, dopo il collasso dell’Unione Sovietica; infine nel 2009, in seguito alla crisi finanziaria. Invece il 2014 ha dimostrato che l’economia può continuare ad espandersi (in particolare, quest’anno lo ha fatto del 3%) senza, per questo, inquinare maggiormente: la quantità di CO2 nell'aria, infatti, non ha superato i 32,2 miliardi di tonnellate dell’anno precedente. E questo, almeno, è un ottimo segnale.

Il ruolo della Cina

La ragione di questa novità va ricondotta in parte alle più recenti tecnologie disponibili ma, soprattutto, al cambio di marcia del governo cinese di non molto tempo fa. Ci sono voluti anni di disastri climatici sempre più imprevedibili, probabilmente, per persuadere un Paese tra i maggiori inquinatori al mondo della necessità di prendere provvedimenti sensati. In questo, anche gli Stati Uniti hanno iniziato a collaborare soltanto da poco: diciamo che il cuore trainante dell’ecologia resta l’Europa. Ma nel 2014 il più vasto e popoloso stato asiatico ha modificato di molto i propri modelli di approvvigionamento energetico: l'elettricità inizia sempre più a provenire da fonti rinnovabili, sia acqua, luce solare o vento, e parimenti è declinata la quota di energia proveniente dal carbone.

Il problema dello sviluppo nelle grandi economie emergenti

I Paesi di recente industrializzazione come la Cina e l'India, in effetti, costituiscono un nodo piuttosto complesso: i loro processi di sviluppo hanno preso il via mentre il resto del mondo occidentale, dopo aver abbondantemente danneggiato il Pianeta, iniziava a fare i primi bilanci dei gravi effetti sull'ambiente e a disporsi per limitarli.Per questa ragione, i Paesi in via di Sviluppo vennero esonerati dagli obblighi più stringenti del protocollo di Kyoto, poiché non furono i principali responsabili di gas serra al tempo dell'industrializzazione che, oggi, è ritenuta all'origine del cambiamento climatico.

Più sviluppo, più sostenibile

Ciononostante, anche per questi Stati è giunta l'ora di iniziare a guardare alle prospettive offerte dalla crescita sostenibile: la Cina ha già iniziato, ora c’è da sperare che possa fare da buon esempio per tutti. Questo cambio di rotta della repubblica popolare, in effetti, lascia comunque intendere che ci sarà una maggiore disponibilità al dialogo nei futuri incontri previsti dall'agenda internazionale. Del resto ormai doveva essere chiaro a tutti come la situazione cinese non potesse essere sostenibile ancora a lungo: basti pensare, soltanto a titolo di esempio, che di tanto in tanto le autorità delle città sono costrette a diramare l’ordine di non uscire di casa a causa dell'allarme smog.

Rizhao, parte sudorientale della provincia dello Shandong, dove è allarme smog proprio in questi giorni
Rizhao, parte sudorientale della provincia dello Shandong, dove è allarme smog proprio in questi giorni

Uno scenario fantascientifico e, decisamente, non sostenibile in eterno.

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