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Lo scioglimento dei ghiacci non è solo colpa nostra

Negli ultimi 40 anni la variazione dei modelli atmosferici sull’Oceano Pacifico avrebbe innescato un flusso di aria calda su Groenlandia e Canada, determinando lo scioglimento del 30/50% del ghiaccio artico nei mesi di settembre, quelli di massima espansione oceanica.
A cura di Andrea Centini
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Glaciologi dell'Università di Washington e dell'Università della California di Santa Barbara hanno determinato che lo scioglimento dei ghiacci dell'Artico è fortemente influenzato dalla variabilità climatica naturale, e non solo dai fattori antropici che catalizzano l'aumento dei cosiddetti gas serra. Quando si tratta di cambiamenti climatici, nella maggior parte dei casi il dito viene puntato verso l'operato distruttivo della nostra specie, del resto a partire dalla prima rivoluzione industriale (XVIII secolo) l'impatto degli inquinanti è stato ed è tuttora devastante, tuttavia la Terra è andata incontro a modifiche sostanziali – basti pensare all'alternarsi delle ere glaciali – quando l'uomo ancora non era presente. Non c'è dunque da stupirsi che anche lo scioglimento dei ghiacci possa essere in parte scatenato da fenomeni del tutto naturali.

Secondo gli studiosi coordinati dal professor Qinghua Ding, climatologo presso l'ateneo californiano, il fenomeno dipenderebbe dalle variazioni nei modelli atmosferici dell'Oceano Pacifico tropicale, che avrebbero originato un cosiddetto “hot spot” sopra la Groenlandia e al Canada settentrionale. Si tratta di un'area ad alta pressione dove il flusso di aria calda e l'accresciuta umidità contribuiscono letteralmente a ‘divorare' il ghiaccio. Secondo le stime determinate da un innovativo modello matematico, dal 1979 ad oggi tra il 30 e il 50 percento del ghiaccio marino nel mese di settembre si perderebbe proprio per tale variabile naturale. “L'impatto antropogenico è ancora dominante ed è ancora il ‘giocatore chiave' – ha sottolineato l'autore principale dello studio – ma abbiamo scoperto che la variabilità naturale ha contribuito ad accelerare questa fusione, in particolar modo negli ultimi 20 anni”.

Gli studiosi si sono concentrati principalmente nelle misure del ghiaccio nei mesi di settembre, poiché sono quelli in cui l'oceano raggiunge la massima massima estensione a causa delle temperature estive. Sebbene i fenomeni naturali giochino dunque un ruolo importante, secondo i climatologi nel giro di 50/100 anni saranno completamente sopraffatti dall'impatto di quelli umani. Per questa ragione l'obiettivo dell'Accordo sul clima di Parigi, ovvero ridurre a 2° centigradi l'aumento medio delle temperature, resta fondamentale per impedire la totale scomparsa della banchisa di ghiaccio al Polo Nord, con tutto ciò che comporterebbe in termini ambientali e catastrofici. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Nature Climate Change.

[Foto di Unsplash]

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