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La Terra 717 milioni di anni fa: perché sembrava una palla di neve gigantesca

A provocare il catastrofico evento sarebbero state una serie di devastanti eruzioni vulcaniche all’equatore, che proiettarono in aria immense quantità di anidride solforosa in grado di bloccare i raggi solari.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricercatori americani dell'Università di Harvard ha teorizzato che il nostro pianeta 717 milioni di anni fa venne completamente avvolto dai ghiacci, a causa di catastrofiche eruzioni avvenute nell'area che attualmente comprende Alaska e Groenlandia. Gli studiosi, coordinati dai professori Francis Macdonald e Robin Wordsworth, hanno in pratica voluto dare una spiegazione alla teoria della famigerata “Terra a palla di neve” (Snowball Earth), una condizione non ancora ufficialmente confermata secondo la quale nel Proterozoico (2.5 – 541 milioni di anni fa) il nostro pianeta in determinate occasioni si trasformò in un enorme blocco di ghiaccio.

La teoria sviluppata dai due professori del prestigioso ateneo si basa sull'esplosione della cosiddetta ‘Grande Provincia Ignea di Franklin', un'enorme regione vulcanica che attualmente è sita nell'emisfero nord, ma che 717 milioni di anni, prima della cosiddetta deriva dei continenti, si trovava all'equatore. Analisi geologiche su quest'area hanno dimostrato la presenza di ricchi giacimenti di zolfo, che attraverso le eruzioni possono essere proiettati in aria sotto forma di anidride solforosa. Questo composto ha la capacità di riflettere molto efficacemente le radiazioni solari. Secondo i ricercatori, una serie di eruzioni devastanti avrebbe riversato nella troposfera immensi quantitativi di tale sostanza, che avrebbe schermato il Sole proprio nell'area in cui il pianeta viene scaldato di più, ovvero all'equatore.

In poco tempo le temperature crollarono ovunque determinando la diffusione globale di ghiacci. A suffragio di tale catastrofica teoria, gli studiosi americani hanno elencato gli effetti dell'eruzione del Monte Pinatubo nelle Filippine, avvenuta nel 1991. Essa proiettò in aria 10 milioni di tonnellate di zolfo, che fecero abbassare di un grado fahrenheit le temperature globali per un anno. Gli effetti delle eruzioni di 717 milioni di anni furono molto più importanti sulla temperatura poiché i vulcani ricoprivano un'area di 2mila miglia, e le loro esplosioni sarebbero state continue come avviene nei vulcani islandesi e alle Hawaii. La ricerca, i cui dettagli sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Geophysical Research Letters, suggerisce che le condizioni dinamiche cui è stata sottoposta la Terra dovrebbe far rivalutare anche le condizioni di abitabilità degli esopianeti.

[Illustrazione di NASA]

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