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La mappa degli asteroidi che colpiscono il nostro Pianeta

Che rivela che sono molto di più di quanto pensassimo.
A cura di Nadia Vitali
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NASA/JPL Near–Earth Object Program Office
NASA/JPL Near–Earth Object Program Office

Accade molto più di frequente di quanto gli stessi scienziati credevano fino ad oggi: piccoli oggetti celesti, la cui taglia si aggira attorno al metro di diametro, entrano nell'atmosfera terrestre disintegrandosi immediatamente dopo. I dati raccolti nel corso degli ultimi venti anni dai sensori del governo statunitense, e rilasciati alla NASA per scopi scientifici, rivelano che questi eventi sono molto ricorrenti e del tutto casuali. Una mappa di tali micro-impatti è stata recentemente realizzata dall'agenzia spaziale americana e mostra con quale cadenza si sono verificati nei cieli sulle nostre teste, tra il 1994 e il 2013, e quanta energia hanno rilasciato.

Come leggere la mappa

Un report che fa sembrare ben piccola cosa i dati divulgati l'anno scorso relativi agli impatti di questo tipo, i quali si basavano principalmente sulle rilevazioni ad infrasuoni: e pensate che non è neanche completo, nel senso che non riporta fenomeni riguardanti oggetti di dimensioni inferiori al metro finiti sul nostro Pianeta durante il medesimo periodo.

Nel corso degli ultimi due decenni, i sistemi del governo statunitense hanno intercettato 556 bolidi di fuoco giungere nella nostra atmosfera. Sul planisfero reso noto recentemente dalla NASA sono annotati tutti: i puntini blu rappresentano eventi notturni, quelli arancioni sono eventi diurni. Le dimensioni di ciascun puntino sono proporzionali all'energia irradiata dall'evento, misurata in miliardi di Joules (GJ). Ad esempio, il più piccolo puntino della mappa rappresenta un evento da 1 GJ o, se preferite, un impatto che ha generato l'equivalente di circa cinque tonnellate di esplosivo. Allo stesso modo, fenomeni da 100, 10.000 e 1.000.000 di Giga Joules corrispondono rispettivamente a 300, 18.000 e un milione di tonnellate di esplosivo ciascuno.

L'asteroide russo

E indovinate quale è stato negli ultimi venti anni il più potente impatto registrato? Naturalmente quello avvenuto sui cieli di Chelyabinsk, in Russia, la mattina del 15 febbraio 2013. Un oggetto non troppo piccolo con i suoi venti metri di dimensioni, in grado di rilasciare l'energia pari a 440.000/500.000 tonnellate di tritolo al momento della sua esplosione nell'atmosfera. Fu un evento indimenticabile che, forse per la prima volta, attirò l'attenzione di un pubblico ampio sui potenziali pericoli legati ai Near Earth Object (NEO): attenzione con cui, in realtà, gli scienziati seguono già da anni il fenomeno. Il programma NASA che si occupa dei NEO è impegnato a scovare, tracciare, individuare tutte le caratteristiche di quegli oggetti che orbitano "troppo vicino" al nostro Pianeta, per assicurare una relativa tranquillità a noi che siamo i suoi abitanti; anche se il più grande lavoro per proteggerci, si sa, lo fa la nostra stessa atmosfera. Le osservazioni del programma NEO hanno consentito di identificare più del 96% di quella che si stima sia la popolazione totale di asteroidi dalle dimensioni superiori al chilometro: l'obiettivo futuro è quello di censire, invece, almeno il 90% degli oggetti più grandi di 140 metri che si pensa potrebbero essere circa 25 volte più numerosi degli altri.

Una pioggia dal cielo

Ogni giorno la Terra è bombardata da oltre cento tonnellate di polvere e particelle dalla consistenza sabbiosa provenienti dallo spazio: circa una volta l'anno, un asteroide grande quanto un'automobile finisce nell'atmosfera terrestre dando vita ad uno spettacolare "incendio" nel disintegrarsi. Gli studi sul nostro pianeta indicano che circa ogni 5.000 anni (secolo più, secolo meno) un oggetto dalle dimensioni di un campo di calcio crea danni significativi alla superficie terrestre: eventi ancor più catastrofici, invece, hanno un'incidenza di milioni di anni e restano impressi come ferite nella superficie: esempio ne è il cratere Winslow, in Arizona, prova di un impatto con un asteroide di 50 metri avvenuto circa 50.000 anni fa. Molti altri ne sono stati identificati anche se il tempo ne ha spesso nascosto le tracce, sotto la vegetazione o l'erosione.

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