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La durata della vita può avere un limite invalicabile?

I progressi nella medicina ci porteranno ad invecchiare sempre di più oppure c’è un limite oltre il quale non si può andare? Sulla base dei dati demografici, alcuni studiosi propendono per l’ultima ipotesi ma non tutti sono d’accordo.
A cura di Nadia Vitali
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Credit: Peter Byrne/PA Wire
Credit: Peter Byrne/PA Wire

L'aspettativa di vita alla nascita degli esseri umani è aumentata progressivamente a partire dal XIX secolo, facendo registrare una crescita continua a partire dal secondo dopoguerra: merito dei progressi nell'ambito medico e scientifico, del miglioramento delle condizioni igieniche, della diffusione del benessere ma anche dell'abbassamento della mortalità neo-natale. Un bambino che nasce oggi ha davanti a sé, statisticamente parlando, una vita molto più lunga di quella di un bambino nato nel 1916, per intenderci. Mentre tale indicatore statistico andava crescendo negli ultimi decenni, sono sorti i primi interrogativi su quale fosse il limite massimo oltre il quale l'uomo non potesse spingersi: in altre parole, fino a quanto possiamo invecchiare? Gli scienziati potranno davvero trovare l'elisir di lunga vita che ci porti se non verso l'immortalità, almeno ad un passo da questa oppure c'è un ostacolo di natura genetica che non ci è dato oltrepassare?

Più anziani ma non più longevi

Si prenda il caso più eclatante, quello della francese Jeanne Calment, morta alla ragguardevole età di 122 anni nel 1997, la persona che ha vissuto più a lungo della quale si abbia notizia. Possiamo pensare che i progressi nella medicina ci portino tutti nella direzione di superare il suo record? Parrebbe proprio di no, stando ad uno studio pubblicato da Nature che, tramite un'analisi di dati demografici globali, ha stabilito che la vita umana ha una durata massima stabilita oltre la quale è impossibile spingersi. Mentre gli studi sui centenari e le osservazioni sui modelli animali e sull'estensione della vita di questi attraverso modifiche genetiche o alimentari lasciano pensare ad un'umanità in grado di invecchiare sempre di più – quasi illimitatamente – altri sostengono che l'incremento importante nell'aspettativa di vita e nella durata massima della vita registrato durante il XX secolo è destinato ad arrestarsi.

Jan Vijg, genetista dell'Albert Einstein College of Medicine di New York ha deciso di indagare nell'Human Mortality Database, ossia sulle informazioni demgrafiche di 38 Paesi. Assieme ai suoi colleghi è partito da questo assunto: se non ci sono limiti alla possibilità di estendere la durata della vita umana, i più grandi incrementi dovrebbero essere osservati nei gruppi più anziani man mano che il tempo passa e la medicina migliora. E invece non è così. L'età media di sopravvivenza è andata crescendo per tutto il XX secolo, in modo particolare nei Paesi sviluppati, ma si è anche stabilizzata negli anni '80 o ha fatto registrare lievissimi aumenti; ma c'è dell'altro.

I ricercatori hanno poi analizzato i dati dell'International Database on Longevity ed hanno evidenziato che tra gli anni '70 e i primi anni '90 ci sono state mediamente più morti in età molto avanzata in Francia, Giappone, Stati Unti e Regno Unito ma anche questo felice incremento si è stabilizzato: dalla metà degli anni '90 l'età media di morte dei supercentenari è stabile a 114,9 anni e non cresce. Vijg e colleghi hanno concluso che c'è un limite naturale all'estensione della durata della vita e che questo limite si ferma a 115 anni, con casi eccezionali come Calment che, però, rientrano su quella possibilità su 10.000 di raggiungere i 125 anni.

Limiti dello studio

Non tutti concordano con le interpretazioni dei dati di Vijg e del suo team. James Vaupel, direttore del Max Planck Institute for Demographic Research di Rostock ha spiegato che lo stop registrato in alcuni Paesi non vale per altri, con aspettative di vita già molto alte e popolazioni numerose; Vaupel riporta il caso di Giappone, Francia ed Italia, benché quest'ultima abbia fatto registrare proprio nell'ultimo anno per la prima volta un calo nell'aspettativa di vita, imputabile al taglio delle risorse nel settore sanitario.

Soprattutto, però, lo studio non mette sul piatto della bilancia i progressi nel settore della biologia e della medicina che, grazie alle ricerche sulle staminali, potrebbero aprire a scenari imprevisti nel giro di non molti anni. Quindi, forse, non è ancora detta l'ultima parola per la nostra immortalità.

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