L’universo è sempre lo stesso su larga scala: confermato il principio cosmologico
Uno degli assunti della moderna cosmologia è che l’universo è pressoché lo stesso da qualsiasi parte lo si guardi. Apparentemente, non è vero: è chiaro che il nostro sistema solare è diverso da un altro sistema stellare formato magari da tre soli, o da zone caratterizzate da pulsar o quasar. Tuttavia, sulle larghissime scale, quelle che comprendono centinaia e centinaia di galassie, le porzioni di universo sono tutte uguali: non esistono cioè punti di vista privilegiati. Questo assunto, chiamato “principio cosmologico”, è stato sottoposto a una nuova verifica attraverso la “WiggleZ survey”, una ricognizione (‘survey’) di oltre 200.000 galassie blu, di cui sono stati analizzati gli spettri di emissione, in un volume di circa 3 gigaparsec cubici (350 milioni di anni-luce), realizzata da un vasto team di ricerca guidato dall’International Centre for Radio Astornomy Research a Perth, in Australia.
Universo omogeneo o frattale?
Verrebbe da chiedersi perché sottoporre il principio cosmologico a una nuova analisi, se nel corso dei decenni diverse ricognizioni hanno confermato un assunto teorizzato per la prima volta dallo stesso Einstein. Le equazioni einsteiniane che descrivono l’universo attraverso la teoria della relatività generale presuppongono infatti che non esistano punti di vista privilegiati, e che il nostro non sia un posto particolare dell’universo. Einstein smentì così per l’ennesima volta il principio geocentrico, secondo cui il nostro pianeta è il centro del cosmo, dimostrando che nemmeno la nostra galassia, né tantomeno la nostra macroporzione di universo, possiede qualcosa di speciale. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni alcuni cosmologi hanno proposto teorie alternative rispetto al principio cosmologico, tra cui una particolarmente affascinante che propone un modello di universo frattale.
I frattali, come alcuni già sapranno, sono realtà geometriche molto particolari, che possiamo trovare anche in natura. I fiocchi di neve sono strutture frattali: le diverse parti che costituiscono un fiocco di neve presentano la stessa identica forma del fiocco stesso. L’universo potrebbe avere la stessa struttura. Presentare cioè una ricorsività delle forme, tale per cui la sua struttura su larga scala replichi la sua struttura su scala più piccola. Proprio questa teoria è stata ora smentita dalla “WiggleZ survey”, definita “la più ampia misurazione volumetrica a oggi dell’omogeneità su larga scala della distribuzione delle galassie”. Uno dei punti più dibattuti dai teorici era infatti quanto grande dovesse essere considerata una porzione di universo per rispettare il principio cosmologico. Secondo i sostenitori della teoria frattale, le precedenti ricognizioni avevano preso in considerazione volumi troppo ridotti, mentre su scale più ampie il cosmo avrebbe presentato una struttura frattale e non omogenea.
Quanto dev'essere larga una "larga scala"
È difficile dire che il volume cosmico preso in considerazione dalla “WiggleZ survey” sia troppo piccolo. Nei tre gigaparsec cubici di spazio analizzato, ricadono oltre 200mila galassie. Inserendo i dati raccolti all’interno di una simulazione cosmologica, i ricercatori hanno escluso una distribuzione frattale della materia nell’universo con una percentuale di confidenza del 99,99%. Piuttosto, tutto sembra confermare l’ipotesi che questa macroporzione sia interscambiabile con una qualsiasi altra di analoghe dimensioni, ossia che l’universo sia omogeneo su larga scala. Prima firmataria dell’articolo pubblicato in anteprima sul database on-line arXiv, e in corso di pubblicazione sul “Montly Notices of the Royal Astronomical Society”, è Morag Scrimgeour, giovanissima dottoranda di ricerca australiana: un’altra conferma, casomai ce ne fosse bisogno, che fuori dall’Italia il merito non ha età.
“E’ fondamentale aver verificato che su tali scale l’universo appare in buona approssimazione omogeneo”, sostiene Carlo Burigana, cosmologo italiano interpellato dall’INAF, l’Istituto nazionale di astrofisica. “Ciò costituisce un test cruciale del principio cosmologico e della nostra attuale visione dell’universo. Tutto questo può colpire la nostra autostima, poiché dimostra che il nostro pezzo di spazio non ha proprio nulla di speciale, ed è del tutto indistinguibile dagli altri. Ma dai tempi di Copernico abbiamo cominciato a smettere di credere che il nostro “pale blu dot”, il nostro pallido puntino blu, come lo definì Carl Sagan, possieda qualcosa di speciale, se non il fatto di essere la nostra unica casa.