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Il Sistema planetario (quasi) gemello del nostro

Si chiama Kepler-30 e, per molti dei suoi aspetti, potrebbe essere definito un sosia del nostro Sistema Solare: i dettagli in uno studio pubblicato da Nature.
A cura di Nadia Vitali
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Il nome è stato scelto in onore del telescopio spaziale Kepler della NASA che, negli ultimi due anni, ha regalato sensazionali scoperte al mondo dell'astronomia, tra cui le diverse osservazioni di Pianeti gemelli, o quasi, della nostra Terra (il più noto è Kepler-22 "avvistato" il 5 dicembre del 2011): ed effettivamente anche l'ultima rivelazione della missione riguarda un sistema planetario estremamente simile al nostro, al punto da esserne definito "sosia". A descriverlo per la prima volta, un gruppo di scienziati statunitensi guidati da Roberto Sanchis-Ojeda del Massachusetts Institute of Technology che, in un articolo pubblicato da Nature, ne illustrano i dettagli e le sorprendenti caratteristiche.

Allineati gli uni con gli altri e con lo stesso equatore della grande Stella madre, i tre esopianeti orbitano attorno al loro astro esattamente come accade all'interno del nostro Sistema Solare: una configurazione che, di fatto, non è assolutamente frequente né costituisce la norma nella disposizione dei corpi celesti negli abissi dell'Universo. Tant'è che i ricercatori del MIT confidano in questa scoperta come punto di partenza per poter svelare particolari su cui ancora si indaga relativi alla formazione e all'evoluzione di un sistema planetario: insomma, una scoperta lontana migliaia di anni luce da noi e dal nostro piccolissimo puntino azzurro di cielo che tuttavia potrebbe rivelarsi di grande interesse per comprendere tanti segreti dello stesso Sistema Solare e della sua architettura.

L'ipotesi di un disco di gas rotante come origine dei sistemi planetari è infatti tenuta in considerazione dagli studiosi come possibile spiegazione dell'allineamento dei piani orbitali planetari e dell'equatore solare e Kepler-30 potrebbe aiutare a far luce su questa teoria, assieme ai suoi tre pianeti Kepler-30b, Kepler-30c e Kepler-30d: tutti di dimensioni notevolmente superiori a quelle del nostro, hanno un raggio più grande rispettivamente di 4, 13 e 10 volte rispetto alla Terra. I quattro corpi celesti potrebbero far sembrare l'idea della formazione dei pianeti da un unico disco sempre più probabile, a differenza di quanto accaduto fino ad ora con le precedenti osservazioni di sistemi planetari in cui l'influenza di stelle vicine non consente l'allineamento attorno alla stella madre. Agli scienziati, dunque, l'arduo compito di continuare a scrutare gli angoli e le pieghe dell'Universo per conoscerne segreti, misteri e spiegazioni.

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